GELO di Thomas Bernhard: recensione
Gelo, edito da Adelphi, rappresenta il folgorante esordio di un giovane scrittore che, nel 1963, si apprestava a diventare uno degli autori più intensi e controversi del Novecento, Thomas Bernhard.
Trama
Ambientato in un'Austria rurale, innevata e claustrofobica, il romanzo narra la storia di Strauch, un tormentato pittore che si è ritirato nel villaggio alpino di Weng per sfuggire al mondo e dedicarsi alla sua arte. Qui, vive in completo isolamento, circondato solo da un giovane studente di medicina che lo osserva e ne registra le parole.
Il giovane medico, infatti, ha avuto il compito di osservare e documentare i folli comportamenti del pittore dal fratello che, medico affermato, gode degli agi della professione. La quasi totalità della narrazione si articola lungo il monologo di Strauch, che riversa sul giovane medico le sue riflessioni filosofiche pessimiste, le invettive contro la società e l'umanità, e le angosce esistenziali di un uomo tormentato da una radicale misantropia e da una visione disperata del mondo.
Il compito del giovane sarà assolto in ventisette giornate, puntualmente appuntate su un taccuino, ma sarà difficile stilare una relazione vera e propria sullo stato di salute mentale del pittore, perché si rivelerà impossibile dare un ordine al caos di un cervello che vuole prima annullare se stesso, poi guardare al suicidio. Sul finale, il pittore si perderà nella neve e, a causa delle particolari condizioni metereologiche, le sue ricerche saranno interrotte, lasciandolo al gelo della disperazione e del vuoto esistenziale.
“Tutto è incomprensibile perché è umano”
Recensione
Gelo è un'opera complessa e disarmante perché l'autore, nell'illustrare la sua personale visione della vita, non offre soluzioni consolatorie alla decadenza, ma costringe il lettore a confrontarsi con la miseria e la contraddizioni della nostra esistenza. Oltre a queste tematiche, nel romanzo ne ricorrono altre:
- la misantropia, dal momento che il protagonista rifugge la società e si relega in un volontario isolamento, circondato da uno dei paesaggi più malinconici possibili;
- l'incomunicabilità che separa gli uomini e i personaggi tutti, intrappolati in una spirale di solitudine e incomprensione;
- la critica al ruolo dell'artista, soppiantato da nuovi mezzi di comunicazione e, ormai incapace di trovare il suo posto nella società;
- la morte, costante presenza che aleggia per tutto il romanzo come inevitabile conclusione della vita.
Bernhard ricorre a uno stile narrativo crudo e impattante, perfettamente in linea con l'atmosfera del romanzo. Le frasi, spesso prive di punteggiatura quasi a ricreare il flusso di coscienza tipico della narrativa psicoanalitica, creano un senso di claustrofobia e oppressione nel lettore. L'autore utilizza un linguaggio ricco di metafore e immagini evocative, che contribuiscono a rendere ancora più tangibile la sofferenza del protagonista. “Come i vecchi la saliva, così il pittore Strauch sputava le sue frasi”.
Il libro potete trovarlo QUI.
L'Autore
Thomas Bernhard nasce ad Heerlen, nei Paesi Bassi, il 9 febbraio 1931, da una relazione extraconiugale tra la viennese Herta Bernhard e il falegname Alois Zuckerstätter. La madre lo abbandona presto e il bambino viene affidato ai nonni materni a Salisburgo, dove vive un'infanzia difficile e, a complicare la situazione, il suicidio del padre quando Thomas ha solo otto anni.
Iscrittosi all'Università di Salisburgo dove studia filosofia e letteratura tedesca, inizia a scrivere poesie e racconti brevi, influenzato da autori come Franz Kafka e Robert Musil. Il suo esordio letterario ufficiale avviene nel 1957 con la pubblicazione della raccolta di poesie Sulla terra e all'inferno.
Agli anni '60 risalgono romanzi che esplorano temi come la solitudine, l'alienazione, la morte e la critica alla società austriaca.
Bernhard trascorre gli ultimi anni della sua vita in volontario isolamento nella sua casa di Gmunden, dove continua a scrivere fino alla morte avvenuta il 12 febbraio 1989 all'età di 58 anni.
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