Spirit Mancer | Recensione (PS5)
Sapete quanto mi piace usare la parola ibridazione, vero? Spirit Mancer mi dà una scusa in più per farlo, ma nello sperimentare lascia indietro e da parte alcuni aspetti che non posso perdonargli nel tutto, piccole scivolate qui e lì che, nel contesto di un presente videoludico che non ci dà vere scuse per non considerare alcune lezioni di UX come "must".
Rimane un titolo che prova a fare qualcosa di diverso, e spero sia uno stimolo al team stesso e al resto delle sviluppatrici e sviluppatori per non smettere di sperimentare con meccaniche e loop di gioco. Siamo arrivati all'apice della qualità grafica ottenibile, già da un po': ora c'è bisogno di spostare le priorità ludiche verso... beh, il gioco "vero".
Spirit Mancer | Recensione (PS5)
Come sempre, una piccola parentesi sullo studio di sviluppo. In questo caso stiamo parlando di Sunny Syrup Studio, studio tailandese al loro primo gioco e già al lavoro su un secondo, un manageriale cozy dal nome "Not Monday Café". Il team sembra molto affezionato ad un art style fortemente pixel art, con dei tratti definiti e uno spettro di colori vibrante e spazioso, capace di regalare ambienti e biomi anche molto diversi fra loro.
Le cutscene sono ben animate e divertenti come i cartoni del giovedì pomeriggio delle nostre infanzie
Se l'art style può soffrire di già visto (anche se è un'accusa senza senso) e la narrazione non offre micce particolarmente esplosive, ci vuole più di qualche minuto di gioco per scoprire meglio in cosa Spirit Mancer prova ad innovare.
Di superficie, infatti, il titolo di Sunny Syrup sembra un hack and slash a scorrimento piuttosto regolare, se non per una struttura a livelli molto più marcata e, in parte, limitante, e alcuni linguaggi meccanici e visivi presi da platformer a scorrimento più che da titoli action, come la "caduta" su un livello inferiore o la presenza di oggetti distruttibili nell'ambiente.
Poi ci si accorge che sopra i nemici compare un piccolo simbolo poco prima dell'attacco, o che nel momento in cui abbiamo sfondato le loro difese, caratterizzate da uno fra 3 colori, oltre alla possibilità di ucciderli abbiamo quella di catturarli.... e poi arrivano le carte, sulla parte bassa dello schermo.
Il tempo delle strategie... più o meno
Spirit Mancer infatti ibrida proprio la tradizione hack and slash con quella dei combattimenti a turni basati sulle carte e sul deck building in generale. Ogni nemico è caratterizzato da una o più resistenze, per un massimo di 3, e noi dovremmo utilizzare l'attacco giusto per "sfondare" la loro barriera elementale e finirli; rimane la possibilità di scalfire, pixel dopo pixel, la loro salute a prescindere, ma richiede molto tempo e rompe molto un flow di gioco altrimenti piacevole pur nelle sue imperfezioni.
Un'ulteriore ibridazione di Spirit Mancer vede alberi di abilità e progressioni statistiche per personaggi, armi e carte spirito
A rappresentare i tre "elementi" con i quali i nemici si difendono e che noi dovremmo continuamente switchare per essere efficaci ci sono 3 tipologie di attacco: il corpo a corpo, il colpo sulla distanza e l'attacco tramite gli spiriti (le nostre carte, essenzialmente).
I due personaggi giocabili, switchabili ad inizio livello ma anche utilizzabili insieme nel caso di sessioni in couch coop, sono infatti forniti naturalmente dei due attacchi base, ma devono lasciare a strategie più improvvisate il terzo tipo di elemento: se infatti noi possiamo partire con qualche spirito offensivo o difensivo nel nostro arsenale, per il resto dovremo fare totale affidamento sui nemici dislocati in giro per il livello, per accumulare più spiriti.
Ovviamente, essendo la nostra capacità evocativa in fondo una risorsa, ci saranno iniziali limiti sulla quantità massima di spiriti portabili con sé e sul costo che potremo permetterci di affrontare per evocarli, ma fanno parte degli elementi più RPG di Spirit Mancer, che si affida anche in questo caso ad una struttura a metà fra un action puro e alberi di abilità più strettamente da gioco di ruolo.
Tutti questi elementi rendono certamente interessante la chimica di gioco, ma aprono anche il fianco ad alcune sbavature piuttosto sensibili. In toto il combattimento non è così bello da gestire quanto sulla carta sembrerebbe: a parte alcuni input che il gioco a volte proprio non riconosce, c'è qualcosa di stonato nel complesso flow di combattimento, forse a causa di un layout comandi non personalizzabile e che non è stato playtestato abbastanza, a mio parere.
La meccanica delle carte non si esprime al meglio nel loop di gioco di Spirit Mancer
Alcuni spiriti, già sbloccabili dopo un paio di livelli, risultano al limite dell'inutile, mentre altri oneshottano qualsiasi cosa a schermo in un tripudio di pixel bellissimo da vedere ma un paio di passi fuori dal gradevole recinto della player agency così tanto centrale ai loop di gioco più solidi e piacevoli da esperire. Interessante poi l'uso di spiriti difensivi o curativi, ma vorrei Spirit Mancer avesse fatto di più per integrarli in modo coerente.
Ho percepito anche poca profondità nella componente deck building in sé, considerando che ogni spirito che ci porteremo dietro, tolti particolari modificatori o buff che è possibile attivare, è mono-utilizzo durante il livello, particolare che mal di adagia, per la mia esperienza, sulla spigolosità di una struttura troppo sbilanciata verso l'action e il precise platforming.
O troppo, o niente
Manca di equilibrio anche il pacing stesso di gioco, non tanto all'interno dei livelli quanto nel modo in cui Spirit Mancer alterna livelli più regolari, con un tot di nemici da sconfiggere e obbiettivi bonus da perseguire, a livelli con boss battle. Queste si percepiscono davvero troppo lunghe e tediose, soprattutto considerando che, nella loro quasi costante suddivisione in fasi, un eventuale fallimento in una fase avanzata ci costringerà a ricominciare dall'inizio, compresi dialoghi ed eventuali cutscenes.
Sono frizioni che mi è difficile non notare, viste le mie inflessioni da UX designer, e ci sono molti altri momenti nei quali queste imprecisioni riflettono sulla profondità di gioco, più che sulla sua portata. Un esempio piuttosto lampante, correggibile con un po' di lavoro sulla UI, è l'assenza di una schermata di recap quando vogliamo rifare un livello o una missione: non si sa che voto abbiamo preso (e un trofeo è legato al prendere S in tutte le missioni primarie e secondarie), non si sanno le condizioni supplementari per un voto migliore in quel livello, ed in generale si è all'oscuro di cosa si sia fatto e di cosa ancora manchi.
Le boss fight sono visivamente molto gradevoli ma fuori scala a livello di pacing
Spirit Mancer ha poi anche un hub di gioco che aggiunge alcune meccaniche collaterali, come la pesca e la gestione di un piccolo orto che ci fornisce materiali per la creazione di nuove carte-spirito; questa zona e quelle parallele ospitano anche le interazioni per il potenziamento del nostro personaggio, delle nostre armi e delle nostre carte-spirito. La progressione è... ok, senza particolari brilli. Sembra scalare piuttosto brutalmente a livello di requisiti, e già dopo 5 potenziamenti sul mio attacco mi sono trovato a dover farmare alcuni livelli particolarmente pieni di nemici per arrivare a quanto richiesto.
Se le mappe risultano per lo più vuote e ripetitive, prive di veri collezionabili e incapaci di sfruttare (o, per quel che conta, stimolare) la voglia, in chi gioca, di esplorarle di più, i nemici in sé sono ben fatti a livello di identificazione e pattern di attacco, e le loro sinergie, quando ce ne sono più di un paio a schermo, sono interessanti. Le boss fight introducono quasi sempre attacchi mai visti prima di quel momento, e che non vedremo più dopo quell'evento, ma, come già raccontavo, risultano spesso sgradite per lunghezza e complessità non necessarie.
In generale stiamo parlando di un gameplay molto ripetitivo, ma che non sembra impostare per rendere quella ripetitività godibile: è difficile arrivare a quell'equilbrio, e ci sono titoli con budget ben più titanici che ancora faticano a tenere lontana la noia da determinate sezioni di essi, quindi non mi aspetto certo che Spirit Mancer abbia la maturità di un team più stagionato, ma pretendo comunque che il riconoscere di questi limiti sia palese e che il design si comporti di conseguenza, cercando di lavorare attorno ai limiti piuttosto che ignorarli pur rimanendone vittima.
I livelli di Spirit Mancer sono sicuramente interessanti, e prendono alcuni linguaggi da platformer
Spirit Mancer è, e l'ho detto fin troppe volte di titoli che si piazzano attorno al voto che sto per dargli, un titolo perfettamente godibile, ma come altri prima di lui (e, ne sono sicuro, dopo) non è in grado di riconoscere i limiti che inevitabilmente ogni processo creativo ha e deve avere, e si ritrova ad avere fra le mani un'ibridazione di generi che è interessante sulla carta ma imprecisa a schermo. L'art style è sicuramente ammirabile, ma c'erano tutte le carte in tavola per un hack and slasher/deck builder più solido dal punto di vista del game loop, e spiace rimanere annoiati o infastiditi quando la mancanza di vista dall'alto del prodotto si palesa in incertezze meccaniche o di UX.
Se comunque sei curiosa/o di provarlo, recuperati Spirit Mancer su Steam.
Se sei interessata/o ad altri nostri recenti contenuti, ti lascio le previsioni di Carlo sugli eventuali annunci di stanotte ai Game Awards e la recensione di Alessio di Indiana Jones e l'Antico Cerchio.
L'articolo Spirit Mancer | Recensione (PS5) proviene da GameSource.