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She Could Fly: Documentary Escape Game – Recensione

Il mondo dei videogiochi indie ci ha regalato tantissimi grandi titoli, alcuni dallo straordinario gameplay come Hades mentre altri grazie alla loro potenza emotiva, come Gris o Unleaving, o altri ancora capaci di combinare le due cose come Celeste. Le emozioni che gli ultimi titoli citati sanno regalare sono spesso associate a paure e problemi capaci di risuonare in ognuno di noi, che spesso nascono da un possibile problema psichico. Questo genere di problemi, sempre temuto e in qualche modo nascosto, sta venendo finalmente sempre più riconosciuto nel mondo, infatti, molte persone stanno portando la propria esperienza alla luce per distruggere lo stigma ancora presente su questi disturbi. Questo lo abbiamo visto nei fumetti con A Panda Piace… Capirsi e ora lo vediamo anche nei videogiochi grazie a She Could Fly: Documentary Escape Game, la prima opera di Wowbagger Productions disponibile per PC.




Intrappolati



In She Could Fly: Documentary Escape Game interpreteremo Hana Rampersad, una ragazza intrappolata in un loop all'interno del suo stesso appartamento. Per riuscire a fuggire, dovremo collezionare delle parti di un fumetto che, una volta messe insieme, ci permetteranno di scoprire nuove stanze dell'appartamento e avere nuove informazioni. Quello che scopriremo sarà scioccante e illuminante al tempo stesso, perché questo gioco si basa completamente sulle emozioni e sulla nostra psiche.



Riuscire a fuggire da questa trappola è il nostro obiettivo, ma la domanda è: chi ci ha messo qui dentro e perché non riusciamo a uscire?



Un argomento difficile



She Could Fly: Documentary Escape Game non è semplicemente un videogioco punta e clicca, ma presenta delle vere e proprie parti documentarie, testimonianze dirette di cosa significhi convivere con un disturbo ossessivo-compulsivo. Proprio queste parti rendono questo videogioco una sorta di documentario interattivo che, oltre a spiegare in maniera semplice e chiara cosa sia e quanto possa essere complesso convivere con questo problema, ci porta nella mente di una persona affetta da questo disturbo. Chiaramente, un argomento del genere non è adatto a tutti perché capace di scatenare reazioni avverse in alcune persone, ma tutti coloro che non hanno problemi ad affrontare argomenti difficili e spinosi dovrebbero dare giocare a She Could Fly: Documentary Escape Game. Lo dovrebbero fare per comprendere un fenomeno invisibile che colpisce molte più persone di quanto si pensi.



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Gioco o documentario?



Quando si trattano questo tipo di giochi più che analizzare il gameplay o il lato prettamente tecnico dell'opera, crediamo sia molto meglio concentrarci sulle intenzione degli sviluppatori. Nel caso di She Could Fly: Documentary Escape Game queste arrivano chiare e lampanti, il loro desiderio di alzare il livello di conoscenza di questo incredibilmente debilitante disturbo è alla base dell'opera e colpisce il giocatore, sfatando anche alcuni miti e concezioni errate che, sicuramente, molti di noi hanno. Questo è stato reso possibile grazie al lavoro di Christopher Cantwell e Martin Morazzo, autori di She Could Fly, il fumetto edito da Berger Books (Dark Horse) che ha ispirato questo videogame e ancora inedito in Italia. Il tassello finale sono i filmati: interviste a persone realmente affette da disturbo ossessivo-compulsivo e specialisti che ci aiutano a capire questo grandissimo male invisibile.



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12 luglio alle 09:10

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