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UN FILO DI VIOLENZA di Mark O'Connell: recensione

Nel suo nuovo libro, edito Il Saggiatore e con la traduzione di Alessandra Castellazzi, il giornalista e critico irlandese Mark O'Connell ci racconta la storia di un uomo che, per una serie di bizzarre circostanze, si è macchiato di un duplice omicidio nella Dublino dei primi anni Ottanta. Una discesa nell'oscurità della mente di un killer, in cui ogni passo in avanti è un passo in più nell'ombra.



Trama



Mark O'Connell è solo un bambino quando la Garda, la polizia irlandese, irrompe nel complesso residenziale dei suoi nonni per arrestare un omicida ricercato. Si tratta di Malcom Macarthur, un raffinato frequentatore della società intellettuale cittadina, diventato inspiegabilmente un duplice omicida.



Trent'anni dopo Macarthur è stato rilasciato, mentre O'Connell è diventato uno scrittore. Decide quindi di raccontare la storia di quegli omicidi e scoprire finalmente la verità.



Ma più i due si avvicinano, più O'Connell diventa consapevole che il confine tra verità e finzione è estremamente labile. E che le ombre di Macarthur sono forse impossibili da dipanare.



«Ci sono situazioni in cui una bugia può rivelare la verità in maniera più chiara di un semplice fatto».

Recensione



Mark O'Connell sceglie di raccontare la storia di Malcom Macarthur perché attratto dal contrasto tra l'uomo, un raffinato e colto intellettuale, e l'azione, cioè la brutalità senza senso degli omicidi commessi. Lo muove il desidero di scoprire una verità o quantomeno trovare una degna conclusione a una vicenda controversa e piena di punti di domanda. “Io volevo scoprire cose che non sapevo ancora, cose che potevo a malapena immaginare” scrive infatti l'autore, “E ciò che volevo raggiungere, in mancanza di una parola migliore, era il male”.



L'assassino più famoso d'Irlanda, negli anni era comparso in molte foto, in romanzi d'ispirazione, in documentari televisivi e in diverse interviste rilasciate da parenti e conoscenti. Ma non aveva mai pronunciato una parola in prima persona su ciò che aveva fatto, soprattutto sul movente. Infatti il processo lampo che lo condannò non gli diede modo di esprimersi in alcun modo e neppure a posteriori aveva speso una parola di pentimento.



Ma quindi cosa lo aveva spinto a compiere quegli atti terribili? E come può un uomo colto e intelligente, vissuto nell'agio e nel privilegio, trasformarsi all'improvviso in un killer spietato?



O'Connell pensa fin da subito che debba essere accaduto qualcosa di determinante durante la sua infanzia. Ma dalle parole dell'uomo non emergono eventi o circostanze che potrebbero giustificare tutta quella violenza. Una giovinezza tranquilla insomma, trascorsa tra gli agi della tenuta terriera del padre e con due genitori a suo dire ineccepibili.



Ben diverso è invece il racconto di testimoni e della stessa madre di Macarthur, che parlano di episodi di violenza da parte del padre in più occasioni. Ma questo può bastare a spiegare le azioni di cui si è macchiato molti anni più tardi? “Se la sua infanzia era stata felice, allora era impossibile dire che la sua vita avesse seguito una traiettoria psicologica inevitabile, un filo di violenza”, scrive l'autore.



Malcom Macarthur era un esponente della nobiltà terriera e alla morte del padre ereditò una fortuna. Trascorreva le giornate da completo padrone del proprio tempo, dedicandosi alla lettura e allo studio. Ma come spesso accade, ben presto i soldi finirono. E questo lui non poteva proprio accettarlo. I soldi erano il suo mezzo per comprare il tempo. Comprare la libertà per studiare, per dedicarsi alle sue ricerche e per scoprire se stesso.



“La prospettiva di rinunciare alla vita di autodeterminazione intellettuale e languida libertà doveva profilarsi come una minaccia esistenziale. Forse questo spiega non solo l'uccisione in sé, ma anche la sua inspiegabile brutalità”.



Così, spinto da quello che lui definì “un disturbo del pensiero”, decide di procurarsi i soldi rapinando una banca. Quello era il periodo in cui l'IRA finanziava la sua lotta armata proprio con queste modalità. Perché lui non avrebbe potuto fare lo stesso?



Ma per eseguire il suo piano, avrebbe avuto bisogno di un'auto e un'arma. Per questo motivo, apparentemente, aggredisce e uccide a colpi di martello la sua prima vittima, Birdie Gargan. Un delitto violento e brutale, assolutamente non necessario al suo scopo. E pochi giorni più tardi assassina con un colpo di fucile alla testa Donald Dunne, un giovane contadino che quel fucile stava cercando di venderglielo.



A queste azioni folli e senza logica, si accompagnano anche tutta una serie di scelte discutibili, tra cui un tentativo di rapina ai danni di un suo ricco conoscente, culminati con la sua incredibile autodenuncia alla polizia.



Insomma, Malcom Macarthur sembra a tutti gli effetti un criminale da strapazzo che agisce senza alcuna logica.



“Ci sono stati momenti in cui mi è sembrato di intravedere la verità. Altre volte però, sentivo di essermi avventurato in un labirinto di invenzioni che si ramificava all'infinito”.



O'Connell trascorre insieme a Macarthur molti mesi nel tentativo di scoprire la verità, ha occasione di parlare con lui della sua infanzia, della sua vita adulta e del periodo precedente gli omicidi. Eppure ben presto si rende conto che la memoria di Macarthur, precisa in modo davvero sorprendente, sembra venire meno quando si parla di ciò che ha fatto. Il racconto a quel punto diventa confuso ed esitante, i dettagli vengono meno e l'eloquenza dell'assassino si trasforma in ambiguità.



“Macarthur è un uomo che ha sempre plasmato la realtà” scrive l'autore. Molto di ciò che racconta non corrisponde a ciò che, senza alcun dubbio, è accaduto. E allora come si fa a distinguere ciò che è vero, da ciò che è mera finzione?



Allo stesso tempo propulsivo e indagatore, Un filo di violenza è uno sguardo duro su un atto brutale, sulle sue origini nascoste e sulle ombre che lo avvolgono. Offre un esame inquietante e penetrante delle bugie che raccontiamo a noi stessi e degli sforzi che facciamo per preservarle. Il male, in questo racconto moralmente complesso e affascinante, si rivela sia banale che misterioso.



E sembra infine domandarci: quanto potremo mai comprendere realmente dell'oscurità che risiede nelle altre persone e in noi stessi?



Se abbiamo stuzzicato il vostro interesse, il libro potete trovarlo QUI.



L'Autore



Mark O'Connell (Kilkenny, 1979) è un giornalista e critico irlandese. Scrive su The New York Times Magazine, Slate e The Guardian e ha insegnato Letteratura contemporanea al Trinity College di Dublino. In Italia ha pubblicato Essere una macchina (2018) e, con il Saggiatore, Appunti da un'Apocalisse (2021).



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25 maggio alle 16:30