LA CASA DELLA LUCE di Yoko Ogawa: recensione
Yoko Ogawa, una delle autrici giapponesi contemporanee più celebri, torna in libreria grazie a Il Saggiatore, con una raccolta di tre racconti che mostrano l'abisso che si cela dietro a vite solo apparentemente banali.
Trama
Una clinica, un pensionato studentesco e un orfanotrofio: sono questi i luoghi familiari e assieme sconosciuti in cui le protagoniste di queste storie proiettano i ricordi di un passato cristallizzato e vivono un presente sospeso e immobile. Edifici essenziali, anonimi, talvolta austeri o asettici, luminosi e insieme tetri, nei quali il tempo trascorre con l'estrema lentezza delle gocce che cadono da un soffitto logoro, tra i gesti di una routine descritta con glaciale precisione. Nel primo racconto una ragazza documenta con cinismo e crescente morbosità i nove mesi di gravidanza della sorella maggiore. Nel secondo, una donna, assillata da un rumore che rimbomba nella sua testa, torna nella residenza studentesca in cui ha vissuto durante gli anni dell'università per accompagnare suo cugino; proprio lì, dove un ragazzo è sparito inspiegabilmente. Nel terzo, un'adolescente descrive la sua vita dentro una casa-famiglia gestita dai propri genitori, nella quale si sente la più orfana tra gli orfani e finisce per coltivare invidie, pericolose vendette e un inconfessabile amore.
“Quando qualcuno si chiede dove sta andando, prima che se ne renda conto è già arrivato a un punto di non ritorno, dal quale non può più fare un passo indietro”.
Recensione
L'autrice Yoko Ogawa è considerata una delle più importanti scrittrici post-moderne contemporanee giapponesi. Negli anni ha vinto moltissimi premi ed è un'esponente della corrente letteraria del black romanticism, caratterizzato da tematiche cupe, ricorrenti in tutti i suoi lavori: ciò che interessa l'autrice, nello specifico, sono gli aspetti più bui e grotteschi della natura umana.
Anche i tre racconti qui presenti, seppur slegati l'uno dall'altro per la trama e le vicende narrate, presentano tematiche ben precise che rendono inconfondibile lo stile unico della Ogawa: sono storie narrate in prima persona, racconti del quotidiano turbato però da dettagli surreali, grotteschi e inquietanti, seminati sapientemente nel testo dall'autrice per disorientare il lettore.
Si intitolano rispettivamente Diario di una gravidanza (vincitore nel 1991 del prestigioso premio letterario Akutagawa), Dormitorio e La Casa della luce.
Era un edificio di legno a due piani: la facciata anteriore aveva un'aria tetra, forse per via del muretto di recinzione ricoperto di muschio, delle lettere sbiadite dell'insegna o dei vetri scuri.
Ogni racconto è strettamente legato a un luogo ben preciso del passato delle protagoniste: una clinica, un pensionato studentesco e un orfanotrofio. Tutti questi luoghi suscitano forti ricordi ed emozioni nelle tre donne anche a distanza di molti anni. Sono edifici che l'autrice descrive come vecchi ma non fatiscenti, bui ma allo stesso tempo luminosi, testimoni di ricordi preziosi ma anche dolorosi. Forti contrasti che suscitano nel lettore un profondo senso di inquietudine.
Mio cugino ha bussato e dopo un po', come se vi si fosse impigliato qualcosa, la porta si è aperta fragorosamente. Il professore se ne stava piegato a metà e teneva stretto il pomello della porta tra il mento e la clavicola.
Forse però la caratteristica più rilevante nello stile della Ogawa risiede nei suoi personaggi: spesso non hanno un nome, ma vengono identificati tramite le loro occupazioni (il professore) o i legami di parentela (mia sorella, mio cognato). Sono personaggi quindi dal carattere impersonale, individui assolutamente comuni che chiunque può incontrare nella propria vita. Una scelta ben precisa questa, volta ad aumentare, con successo, il senso di alienazione provato dal lettore.
L'uovo, per metà crudo, ha cominciato a gocciolare dalla sua forchetta come sangue giallo. (…) I kiwi non mi sono mai piaciuti: con quei semini neri somigliano a nidi pieni di piccoli insetti.
Tutte le descrizioni dei cibi sono crude, molto dettagliate e disturbanti, perché alludono sempre a qualcosa di poco piacevole o sgradevole. Eppure, l'autrice le inserisce con estrema casualità nel racconto, come parte della quotidianità. Quindi nelle scene più semplici e banali, come la preparazione di un piatto in cucina, troviamo sempre quella nota stonata che ci provoca i brividi lungo la schiena. La Ogawa non ha paura delle descrizioni sgradevoli e neanche di trasferire sul lettore tutto il malessere e il disgusto possibili verso ciò che è destinato a guastarsi. Compresi i corpi.
Man mano che le cresce la pancia, il grasso comincia a depositarsi sulle guance, sul collo, sulle dita e sulle caviglie. Ogni volta che poso gli occhi sulla sua figura sformata e imbottita di grasso provo un senso di sconcerto.
Anche i corpi dei personaggi quindi vengono descritti in modo molto dettagliato e maniacale, in ogni loro minima parte. Corpi giovani, corpi vecchi, corpi sani, corpi malati. Nel primo racconto la protagonista osserva ossessivamente il cambiamento dell'aspetto della sorella incinta. Nel secondo il professore, menomato, ha una fissazione per le membra sane delle persone. Nel terzo la protagonista è fortemente ossessionata dal corpo del ragazzo che ama, tanto da non riuscire a smettere di osservarlo.
Tutti i racconti evolvono in un crescendo di tensione: durante la lettura si ha sempre la sensazione che stia per succedere qualcosa e che ci sia qualcosa fuori posto. Con uno stile impeccabile ma implacabile, si arriva a un inaspettato e sconcertante non-finale: la Ogawa è davvero una maestra nel metterci di fronte alle storture e ai lati oscuri della natura umana.
Una raccolta davvero imperdibile, che potete trovare QUI.
L'Autrice
Yoko Ogawa (Okayama, 1962) è una delle più importanti scrittrici giapponesi contemporanee. Il Saggiatore ha pubblicato Hotel Iris (2009), Profumo di ghiaccio (2011), La formula del professore (2015), Nuotare con un elefante tenendo in braccio un gatto (2015), L'isola dei senza memoria (2018), Vendetta (2021).