La coda del Diavolo: il male come catartica insoddisfazione
È risaputo che il male e la corruzione sappiano celarsi con maestria, riservando, alla realtà, i suoi plurimi e devastanti effetti. L'oscuro, in quanto tale, sembra essere un espediente difficilmente rintracciabile, eppure, nella Sardegna raccontata da De Feudis, in “La coda del diavolo“, l'impercettibile diventa percettibile allo spettatore fin da subito: la vastità e la cupezza degli ambienti deteriorano l'aspetto dei personaggi sino a farli apparire stanchi e trasandati.
La fotografia riserva agli interni una pronuncia puramente pittorica, leggermente allusiva all'atmosfera di “I mangiatori di patate” di Vincent Van Gogh. È evidente che si tratti di un luogo da cui, tendenzialmente, è impossibile redimersi. Il protagonista, Sante Moras (interpretato da Luca Argentero), ex poliziotto, ora guardia giurata, viene irretito dall'oscura vicenda e, una volta, scagliatogli contro anche la giustizia, la storia è pronta ad affrontare continui picchi di suspense, costruiti sapientemente, in virtù del genere di appartenenza del film, nonché il Thriller.
Un Thriller ipnotico, tendente all'Hard Boiled, se si considera una violenta chiamata all'avventura e il conseguente inseguimento impari verso il protagonista. Quest'ultimo risulta, inevitabilmente, il classico antieroe catturato dal caso inconsapevolmente e costretto ad agire in virtù della propria vita, della giustizia e della verità.
Ph credit Francesca Ardau
Sia il protagonista che tutti gli altri personaggi, come anche quello di Fabiana Lai, la giornalista interpretata da Cristiana Dell'Anna, sono estremamente definiti e privi di un arco di trasformazione sintomatico drammaturgicamente. Non c'è nemmeno la possibilità di individuare nel protagonista la figura di un eroe catalizzatore, perché, seppur riesce, relativamente, nella sua impresa, non ha contribuito ad un vero cambiamento nel mondo che lo circonda, dichiarando egli stesso: “Fermare quelle persone è come fermare le onde del mare”. Seppur i climax tengano viva l'attenzione, non sono del tutto sufficienti allo spettatore, che tenta a tutti i costi di sbrigliare i nodi della vicenda, aspettandosi di venire a conoscenza della verità.
Ph credit Francesca Ardau
Da un punto di vista drammaturgico questa sospensione della verità, lascia estremamente desiderare, interferendo in modo poco chiaro nella percezione del film. Lo spettatore ha seguito il corso della storia per quale fine? Puro intrattenimento? Anche in questo caso è impossibile formulare una risposta precisa, perché se ci si sposta su una prospettiva nettamente realistica, quante volte sarà capitato di poter giungere alla vera risoluzione di un caso, debellando il male e soprattutto la corruzione? Difficile rispondere e, a quanto pare, il film ha assunto la stessa posizione amletica: la verità è qualcosa di tendente all'infinito, non se ne viene mai realmente a capo.