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LA CITTÀ ASSEDIATA di Clarice Lispector: recensione

Roberto Francavilla ed Elena Manzato hanno tradotto dal portoghese nel 2024 per Adelphi un romanzo di Clarice Lispector, La città assediata, pubblicato in lingua originale nel 1949. Fino ad ora, questo romanzo era l'unico della scrittrice brasiliana che ancora non era mai stato tradotto in italiano. Adelphi ha curato l'edizione anche di altri libri di Lispector, sebbene non sia l'unica casa editrice in Italia a pubblicare le opere di quella che è stata definita la maggiore autrice brasiliana del XX secolo, nonché la più importante scrittrice ebrea dai tempi di Franz Kafka.



Trama



La città assediata racconta della vita di una giovane donna, Lucrécia Neves, o meglio, più che della sua vita il romanzo parla di questa ragazza che si lascia vivere. Lucrécia nasce nel povero ed arretrato sobborgo di São Geraldo, ma la storia della sua esistenza la porterà lontano, fino a conoscere la grande città, con il suo stile di vita completamente diverso, fatto di teatri, ristoranti eleganti e negozi. Dalle storie d'amore ai trasferimenti, dalla quotidianità agli eventi più particolari, Lucrécia attraversa le vicende che le accadono con un misto di incredulità infantile ed ingenua ottusità, cercando di dare una forma alla realtà che la circonda, per potersene appropriare.



“Là c'era la città.

Le sue possibilità mettevano paura. Eppure non le aveva mai rivelate!

Se almeno la ragazza si fosse trovata fuori dalle mura. Che minuzioso lavoro di pazienza quello di accerchiarla. Passare la vita cercando geometricamente di assediarla con calcoli e ingegno per trovare un giorno, seppur decrepita, la breccia.

Se almeno si fosse trovata fuori dalle mura.

Ma non c'era modo di assediarla. Lucrécia Neves era dentro la città.”

Recensione



C'è poco da dire della trama in sé de La città assediata, perché a contare, in questo romanzo, non sono tanto gli accadimenti esteriori, quanto quelli interiori. Tutto nella vita di Lucrécia è un'attenta analisi della realtà, in un lungo, inquieto ed audace, ma allo stesso tempo infruttuoso, tentativo di darle un senso. In un mondo frantumato, in cui viene a mancare un punto fermo, la giovane donna protagonista cerca risposte, tenta di non farsi sopraffare dalla realtà, ma anzi di riordinarla a suo modo e di farla propria. Con una serie di epifanie e illuminazioni – per cui, non a caso, Roberto Calasso ha definito Clarice Lispector «una Virginia Woolf amazzonica» – Lucrécia scopre a modo suo il mondo, acquisendo progressivamente sempre più consapevolezze.



Ciò che davvero colpisce di questo romanzo non è la storia che racconta, quanto la penna di Clarice Lispector. Con una scrittura immaginifica, potente e anticonvenzionale, l'autrice fa emergere i pensieri e le riflessioni della sua protagonista Lucrécia con nitidezza e allo stesso tempo indefinitezza. Quella di Lispector è una scrittura che sembra mettere in prosa versi poetici, ricca di figure retoriche e di richiami ed immagini, uno stile capace di incantare sfumata ed indefinita eleganza.



Potete trovare il romanzo QUI.



“E quella di Lucrécia era la vera vita donata? quella che si perde, le onde che si alzano furiosa sopra gli scogli, il profumo mortale dei fiori – ed eccolo il dolce male, le rocce ora sommerse dai flutti, e nell'innocenza di Lucrécia si trovava il male, lei che aspettava da lontano al vento della collina, che aspettava, dolce, vertiginosa, con il suo impuro alito di rosa, il collo che si poteva spezzare con una mano – che aspettava attraverso i secoli, decrepita e bambina, che lui finalmente rispondesse all'appello delle onde sugli scogli e, inerpicandosi sulla più alta scarpata della notte, lanciasse l'ululato, il lungo nitrito con cui avrebbe risposto alla bellezza e alla perdizione di questo mondo: chi non aveva visto, nelle notti senza vento, quanto i fiori d'argento sono crudeli e assassini?”

L'autrice



Chaja Pinkasivna Lispektor, meglio conosciuta come Clarice Lispector è nata nel 1920 in Ucraina da ebrei russi. Quando aveva solo due anni, la sua famiglia emigrò in Brasile a causa delle persecuzioni che iniziavano diffondersi contro gli ebrei. Negli anni a venire, Clarice affermerà di non avere nessun legame con l'Ucraina: è invece cresciuta in Brasile ed è della sua “brasilianità” che va fiera. Oggi è considerata una delle scrittrici brasiliane più importati del XX secolo.



I suoi primi articoli giornalistici e racconti vennero pubblicati negli anni in cui Clarice frequentava l'Università di Rio de Janeiro. La fama giunse per lei presto, nel 1943, a soli 23 anni, quando venne pubblicato il suo primo romanzo, Vicino al cuore selvaggio (di cui trovate QUI la versione italiana, pubblicata da Adelphi nel 1987).



Subito dopo, nel 1944, lasciò il Brasile con suo marito, un diplomatico brasiliano, e trascorse circa quindici anni tra l'Europa e gli Stati Uniti. Dopo il ritorno a Rio de Janeiro nel 1959, iniziò a produrre le sue opere più famose, tra cui la raccolta di racconti del 1969, Legami famigliari (QUI per l'edizione italiana pubblicata da Feltrinelli) e quello che viene definito il suo capolavoro, Acqua viva, del 1973 (QUI per l'edizione Adelphi del 2017).



La scrittrice muore a Rio de Janeiro nel 1977.



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