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Vectorman98

ha scritto una recensione su Idea no Hi

Cover Idea no Hi per Snes

Il giorno dell'idea... un'idea spettacolare.

Premessa: l’ultimo titolo portato a termine, Traverse, è ormai un colosso nella mia mente, un videogioco con la V maiuscola. Da allora in poi, ogni esperienza videoludica su Super Famicom pensavo sarebbe stata notevolmente più sottotono. Mi sbagliavo.

Grafica
Devo essere sincero: quando ho iniziato questo titolo, mi sono detto di avere a che fare con una delle grafiche più brutte tra tutti i JRPG fatti fino a quel momento per Super Famicom. È arrivata un po’ dopo la realizzazione del fatto che, in realtà, non era poi così male e, anzi, in certi momenti era anche fatta bene.
Partendo dalle parti blande, la componente esplorativa è quella che rappresenta maggiormente i lati negativi del comparto grafico: sprites minuscoli e poco dettagliati, città e dungeon quasi tutti uguali, ad eccezione di alcuni lievi cambiamenti visivi qua e là. Rimarco, a livello esclusivamente grafico.
Il gioco brilla particolarmente, invece, nelle schermate di combattimento: il tutto si svolge in prima persona con delle immagini dei volti dei propri personaggi. I nemici sono ben animati e dettagliati, mentre il party attivo ha determinate reazioni in base alle azioni che si compiono durante i combattimenti (ad esempio, quando attaccano mostrano uno sguardo deciso, quando subiscono danni mostrano espressioni doloranti ecc.). Alcuni nemici, inoltre, hanno dei design malati, in senso positivo.
Infine, il titolo presenta anche delle schermate in cui è possibile vedere i cambiamenti dei personaggi con i vari equipaggiamenti e, in alcuni casi particolari, ci saranno delle modifiche sostanziali agli sprites durante gli spostamenti al di fuori dei combattimenti.
A posteriori, sono molto contento del comparto grafico quasi scadente: lo spazio rimasto nella cartuccia è stato così sfruttato al meglio.
7/10

Sonoro
Un insieme di composizioni piuttosto limitato, ma con tracce decisamente memorabili. L’ambientazione è post-apocalittica e il comparto audio riesce a trasmettere questa sensazione grazie alla scelta di tracce fatta dai compositori. Si passa da musiche macabre e sinistre all’interno dei laboratori, a quelle più tranquille nelle città e, ancora, a temi misteriosi, come il mio preferito, incontrabile nell’esplorazione delle rovine.
Durante gli scontri si avranno non una, ma ben tre tracce di combattimento che partiranno in modo casuale ogni volta che si incontra un nemico che non sia un boss. Una di queste tre, rientra tra le mie preferite.
La limitatezza della musica delle città (quasi tutte uguali dal punto di vista sonoro), di quella del boss finale (40 secondi di periodo) e di poco altro impediscono, tuttavia, alla colonna sonora di brillare.
8/10

Storia
Il gioco si apre in un laboratorio in Giappone, dove dei ricercatori stanno facendo degli esperimenti sul protagonista, un ragazzo di nome Kamekichi. Quest’ultimo sembrerebbe avere dei poteri psichici, punto di interesse degli scienziati che, per molti anni, non fanno altro che cercare di tirarli fuori dalla persona, di giorno in giorno. La notizia che sarebbe arrivato da un momento all’altro il direttore della ricerca rende talmente nervosi i ricercatori da tentare un’ultima folle idea; preferisco non andare nel dettaglio dato che, nonostante succeda all’inizio, è un bel colpo di scena per chi è abituato a titoli più standard. L’esperimento ha successo, forse fin troppo: Kamekichi, furioso e fuori controllo per la decisione dei suoi padroni, dà fuoco, grazie ai suoi poteri risvegliati, a gran parte del laboratorio, uccidendo quasi tutti i ricercatori al loro interno. Qui inizierà il viaggio del protagonista alla scoperta del mondo esterno e alla ricerca di informazioni sulla sua persona.
Un inizio col botto. Iniziando a giocare si capisce subito il perché non sia stato pubblicato al di fuori del Giappone, anche se questo ha impedito a gran parte del mondo di sperimentare un titolo davvero degno di nota.
Durante la storia si incontreranno alcuni personaggi che intraprenderanno il viaggio a fianco del protagonista; nonostante i motivi personali, l’obiettivo comune rimane sempre quello: cercare di capire cosa stia succedendo sulla Terra e, dal punto di vista del giocatore, che cosa sia questa misteriosa idea di cui si parla nel titolo.
La storia dei singoli personaggi viene presentata facendo dei tagli dal punto di vista principale di Kamekichi, per andare brevemente a vedere come stanno vivendo i futuri compagni di viaggio qualche momento prima dell’incontro. È un bel modo per vedere le loro motivazioni e per conoscerli prima di metterli nel party; questa, tuttavia, è una delle poche situazioni dove si arriva a vedere un character development, considerando che, per il resto del gioco, ci saranno rari momenti che coinvolgeranno un personaggio che non sia Kamekichi. Ciò che coinvolge quest’ultimo, tuttavia, è ben realizzato.
8/10

Gameplay
Alla base di tutto si trova un JRPG a turni con scontri casuali nella mappa del mondo e scontri evitabili all’interno dei dungeon; il tutto è condito da personaggi piuttosto unici nello stile di combattimento e una difficoltà estremamente bilanciata e soddisfacente.
Ciò che diversifica molto il gioco dal resto dei titoli di questo genere è l’utilizzo dell’inventario: armi e oggetti vengono trattati come pari, dando la possibilità ad un personaggio di avere nel suo zaino armi multiple, oggetti difensivi e simili da utilizzare nel momento opportuno. Questo gioca molto a favore della struttura degli scontri, considerando che molte volte sarà ottimale attaccare con armi ad area piuttosto che puntare a fare attacchi concentrati.
Anche il sistema di armature è degno di nota ed è punto focale di alcune parti del gioco. Si utilizzano vestiti di tutti i giorni: magliette, cappelli, pantaloni, scarpe, reggiseni, gonne, mutande… queste ultime equipaggiabili sia, ehm, lì, che in testa per avere un boost alla fortuna. Ci sono alcune zone nel mondo con una temperatura diversa da quella standard e sarà necessario ovviare tale problema con il corretto equipaggiamento. Ad esempio, quando si raggiunge Anchorage, avere vestiti leggeri farà prendere danni per ogni passo che si compie, rendendo dunque quasi obbligatorio comprare capi di abbigliamento pesanti; con questo in mente, Kaminariiwa, un lottatore di sumo troppo grosso perché possa equipaggiare vestiti di tutti i giorni, sarà una scelta poco saggia per tale zona, mentre nelle regioni calde darà il meglio di sé.
Le battaglie sono molto varie, specie quando si passa da uno scontro casuale a un boss. Kamekichi, l’unico personaggio che non si può togliere dal party, è forse uno dei più divertenti da usare, vista la sua competenza in molti ambiti: durante le battaglie standard farà attacchi ad area o singoli, mentre contro i boss si comporterà da buffer e debuffer, oltre che healer di riserva e heavy hitter quando il suo livello d’ira raggiunge il massimo. La varietà dei combattimenti è anche garantita dalla presenza di boss e nemici vari con meccaniche particolari.
In ultimo, gameplay e storia si intrecciano divinamente, andando a rispecchiare concetti della storia nello sviluppo delle abilità dei personaggi o nel loro reclutamento.
Come dicevo all’inizio della sezione, la difficoltà è una delle migliori mai riscontrate: grinding minimale per quanto riguarda l’esperienza, forse leggermente necessario per avere abbastanza soldi per gli equipaggiamenti. Considerando che è comunque possibile trasferire suddetti equipaggiamenti, se mai dovesse essere necessario, è sempre accettabile acquistarli solo per il party attivo e andare a spostarli nella necessità di un altro personaggio per motivi legati alla storia.
10/10

Longevità e rigiocabilità
Ci sono rimasto quando ho visto che avevo completato questo titolo mettendoci più di 50 ore. Riprendendo quanto detto nella parte della grafica, sono estremamente contento della sua limitatezza, considerando quanto sono riusciti a fare a livello di contenuti. È un’avventura immensa, in grado di intrattenere a lungo visto quanto il gioco risulta essere divertente. Analogamente ad altri titoli, rigiocarlo esattamente come in un primo gameplay risulta essere una decisione più che approvata, anche se la caratterizzabilità dei personaggi e la vastità di armi, equipaggiamenti e oggetti, alcuni dei quali tuttora sono a me ignoti a livello di meccaniche, aprono la strada a sperimentazioni future e sfide interessanti.
10/10

In definitiva, credo che sia uno dei giochi più unici nel suo genere e non mi stupisce che sia stato un successone nella terra del Sol levante. Ciò che mi lascia perplesso è che, nonostante questo riconoscimento, io non ne abbia mai sentito parlare e nessuno si sia messo all’opera per tradurlo… dunque, grazie ancora, IA di RetroArch.
Infine, volevo aggiungere qualcosa a quanto ho brevemente accennato all’inizio. Da quando avevo finito Traverse avevo provato a iniziare altri titoli giapponesi (Soul & Sword, Bounty Sword, Maten Densetsu, Little Master) ma nessuno di questi sembrava essere sufficientemente soddisfacente, specie considerando che il titolo appena finito era diventato uno dei miei preferiti di sempre e da lì, quasi ogni gioco sarebbe stato, in confronto, una mezza delusione. Per quanto Idea no Hi non sia, a mio parere, ai livelli di Traverse, mi sento di dire che è rinata la “speranza” che possano esserci altri titoli per Super Famicom degni di essere esplorati.

8.6

Voto assegnato da Vectorman98
Media utenti: 8.6

Vectorman98
Cover Traverse: Starlight & Prairie per Snes

“Let’s go on a journey.”

Prima di addentrarmi nella recensione di questo titolo, penso sia necessario fare una piccola, ma importante, premessa. Era fine marzo 2022; avevo appena terminato Arabian Nights - Sabaku no Seirei Ou, rimanendone alquanto deluso, visto l’hype iniziale. Cominciai a mettermi alla ricerca del prossimo RPG per Super Famicom da fare e, spulciando di qua e di là, ecco che trovo Traverse. Dalla stessa casa di Arabian Nights, sembrava condividere con quest’ultimo anche i suoi punti di forza: ero deciso a iniziarlo… Se non fosse che nessuno aveva pubblicato una patch di traduzione del titolo, né tantomeno aveva intenzione di farlo. Tutta la mia esaltazione si spense come una candela al vento, arrecandomi un certo senso di malavoglia nel fare quello che sarebbe stato il gioco successivo, Chou Mahou Tairiku Wozz. Successivamente, tuttavia, la delusione si stava facendo sempre più trascurabile, considerando anche che il titolo che aveva rimpiazzato Traverse stava diventando alquanto interessante; ma non svanì completamente e a distanza di tanto tempo continuavo comunque ad avere questo enorme desiderio di giocarlo.
L’attesa finì quando venni a conoscenza del sistema IA di traduzione a schermo di RetroArch. Una volta assicuratomi di avere sufficiente tempo a disposizione da dedicargli, mi sono fiondato dentro questa esperienza. E che esperienza.
Non sarò mai in grado di essere perfettamente oggettivo in questa recensione.

Grafica
Uno dei grandissimi punti di forza di Arabian Nights era lo stile grafico: ambientazioni molto dettagliate, penalizzate, tuttavia, dalla varietà; cosa che, in Traverse, non manca. Piuttosto che dilungarmi su cose che ormai si sentono dire sempre quando si tratta di giochi vecchi con grafica bella, preferisco soffermarmi su ciò che manca negli altri titoli simili: l’alternanza di luci, ombre, fenomeni atmosferici e stagioni. Il gioco presenta un sistema di data e ora variabili, con conseguenti cambiamenti visivi a seconda del momento in cui ci si trova all’interno dell’esperienza. Le città passeranno dall’essere verdi distese lussureggianti a depositi di neve in preda alle bufere, e sarà possibile vedere l’effetto della rotazione del pianeta con le differenti fasi di luce e oscurità. Tutto ciò non è relegato alle sole città, ma anche le foreste e le montagne subiranno variazioni in seguito agli agenti atmosferici e all’alternarsi del dì e della notte.
Ci sono alcuni stili differenti tra le varie città a seconda del loro posizionamento nel mondo e un ulteriore livello di varietà è riscontrabile anche negli altri luoghi che condividono un tema: per esempio, le montagne differiscono per la natura presente su di esse o per la presenza o meno di torrenti e cascate.
In ultimo, ma non certo per importanza, gli sprites sono un'altra grande dimostrazione della strabiliante varietà; alcuni personaggi vanno anche incontro a cambiamenti estetici mano a mano che passano gli anni. Inoltre, il protagonista ha sprites sinistri diversi dai destri, cosa assolutamente non scontata nei giochi dell’epoca.
10/10

Sonoro
Uno dei motivi per cui ero così convinto di voler giocare Traverse deriva dal primo video che ho visto sul titolo. In esso, il protagonista stava esplorando una montagna e la musica della zona... era semplicemente sbalorditiva. Ho ascoltato quella traccia non so quante volte da quando l’avevo scoperta e non faceva altro che tornarmi in testa.
Il resto della colonna sonora non è brillantissimo, ma merita davvero di essere ascoltato anche al di fuori del gioco. Definirei l’esperienza uditiva come solida, con qualche picco positivo e pochissimi negativi.
Il problema principale risiede, come in molti altri titoli che ho sperimentato, nel fatto che le tracce si resettano dopo un combattimento. Tipicamente, questo può essere positivo se si tratta di brani corti e con inizio ad impatto, come in Rudra no Hihou, o negativo nel caso contrario, come in Arabian Nights. Qui si ha una via di mezzo: alcune tracce sono troppo lunghe per essere ascoltate nella loro interezza, a meno che non si decida spontaneamente di interrompere il gioco, andare nel menù e ascoltare e basta; altre sono sufficientemente corte da essere sperimentate più o meno in modo esaustivo anche durante le zone con scontri casuali.
Il tema della battaglia è spettacolare così come quello dei paesi a tema giapponese e quello di alcuni villaggi più generici.
9/10

Storia
Il titolo si apre con il giorno di nascita del protagonista, Gantt. Poco prima dell’evento, le dodici dee che governano il mondo appaiono per comunicare che il bambino è la reincarnazione di una misteriosa persona a loro cara e che veglieranno su di lui durante tutta l’avventura. Una volta risposto ad alcune domande, ecco che giunge il fatidico momento; la felicità di suo padre Galahad, tuttavia, viene cancellata immediatamente quando quest’ultimo si accorge che sua moglie ha lasciato la vita terrena. Convinto che la colpa sia di Gantt, il padre lo accusa di essere figlio del diavolo e inizierà a trascurarlo completamente, cedendo alla depressione e dandosi all’alcool.
14 anni dopo, il protagonista viene incaricato da Galahad di andare a recuperare altre bottiglie di vino al bar della città; Sonia, amica d’infanzia di Gantt e figlia dei proprietari del locale, accetta di dare altro alcool solo in cambio di un fiore che cresce su una montagna vicina. Portata a termine la prima avventura e sistemate altre questioni, il ragazzo si accorge di non poter fare tanto, confinato sull’isola dove si trova e, insieme a Sonia e Balmore, un avventuriero alla ricerca di tesori, parte su una nave diretta al continente principale. Ha così inizio la vera avventura.
Non è ciò che ci si aspetta: nessun impero che vuole conquistare il mondo, niente cristalli che governano gli elementi, nessuna divinità che vuole ricominciare da capo con l’umanità... E va benissimo così. Lo scopo del gioco è di far sentire il giocatore all’interno di un’esperienza esplorativa senza meta fissa e indirizzata al farsi trasportare dagli eventi che accadono di volta in volta nei 10 anni permessi dal titolo.
Non è altro che un’enorme collezione di side quests. E che side quests. Sono tutte molto interessanti e originali, dall’aiutare una ragazza a trovare i suoi giocattoli magicamente divenuti viventi a esplorare le cime delle montagne e le profondità delle grotte. Grazie a tutti questi spunti di storia è favorito un ottimo sviluppo dei tantissimi personaggi che si possono avere nel party.
Alcune di queste mini avventure sono davvero carine e a volte autoironiche. L’ultima che ho fatto, in particolare, mi ha fatto ridere come non mai per il livello di assurdità che stava raggiungendo e il gioco ne era anche consapevole.
Ci sono tantissimi finali a seconda delle azioni che si compiono in certi momenti del gioco e aggiungono piccole parti molto ben accette allo sviluppo di alcuni personaggi.
10/10

Gameplay
JRPG a turni, open world, con scontri casuali. Il sistema di base non è tanto differente rispetto ai classici giochi di ruolo: si parte visitando una città, si comprano armi, equipaggiamenti, oggetti curativi, si parla con le persone e si fanno le missioni che vengono assegnate; a questo punto, si va tipicamente nel dungeon di turno, si risolve il problema e si torna indietro, prima di abbandonare la città e proseguire a quella successiva.
Il sistema di combattimento prevede un party di fino a 5 personaggi, scelti tra quelli disponibili, con peculiarità uniche, dipendenti dalla classe che ricoprono. Gantt, in particolare, avrà un’abilità speciale in base alla costellazione del suo giorno di nascita (a scelta del giocatore) e determinate capacità con armi e magia dipendenti dalle domande poste dalle 12 divinità all’inizio del gioco. Non c’è un sistema di level up vero e proprio, ma i personaggi guadagneranno statistiche alla fine di alcune delle storie. Fanno eccezione le affinità con le armi e la magia, le quali salgono di livello in base al loro utilizzo.
La difficoltà delle battaglie è particolarmente elevata, considerando la natura open world del gioco e, di conseguenza, la possibilità di imbattersi in dungeon non ancora “assegnati” dalla storia e che quindi possono risultare ardui da portare a termine. L’encounter rate è forse il migliore che abbia mai visto in un gioco del genere: basso ma non troppo.
Traverse presenta un sistema di karma che stabilisce quali missioni possono essere attivate. Per ogni azione negativa (ad esempio ordinare da bere dell’alcool quando si hanno meno di 20 anni) si guadagna karma, mentre ogni volta che si compie qualcosa di buono si perdono punti. Il sistema di per sé ci sta, se non fosse che non è possibile stabilire il valore del proprio karma se non se ne tiene conto ogni volta e non si sa con esattezza quanti punti si perdono/guadagnano dopo ogni azione; questo crea problemi, considerando che c’è una quest alquanto fondamentale che richiede un valore alto e un’altra che, invece ne richiede uno basso. Senza una guida si può perdere permanentemente parte della storia e il finale buono risulterà, in questo caso, impossibile da realizzare.
La maggior parte delle missioni è facilmente individuabile: se una di queste avviene solo in un particolare giorno, nel 90% dei casi è chiaro quando presentarsi per farla partire. Altre, invece, sono piuttosto nascoste e, nuovamente, senza una guida non si possono minimamente trovare.
Nonostante questi difetti, mi metto nei panni degli sviluppatori: hanno prodotto esattamente quanto volevano ottenere. Scopo del gioco è vivere un’avventura realizzabile grazie a un enorme livello di libertà che lascia spazio al giocatore per esplorare l’enorme mondo a suo totale piacimento. È come nella vita di tutti i giorni: a volte accadono delle cose che non si possono sapere a priori e, se non ci si trova nel posto giusto al momento giusto si perde la possibilità di assistere a tale avvenimento. Tuttavia, non si può negare che alcune decisioni da prendere sono del tutto controintuitive e, se ci si basasse solo ed esclusivamente sul buon senso, si farebbero scelte che, ancora, impedirebbero di vedere il finale buono.
9/10

Longevità e rigiocabilità
Il gioco è immenso. Con una cinquantina di città da esplorare e una trentina di missioni da portare a termine, il titolo presenta una delle più grosse esperienze sulla piattaforma. Senza una guida, si possono tranquillamente superare le 60 ore di gioco.
Il titolo non stufa per niente: come per pochi altri giochi del genere, mi sono ritrovato a giocarci tanto tempo senza neanche accorgermene e ho desiderato più volte di fare una partita quando non ne avevo la possibilità.
L’avventura finisce in qualsiasi momento dopo aver abbandonato l’isola di partenza: in quell’occasione, compare nel menù un’opzione recante la scritta “matrimonio”; aprendola, sarà data la possibilità di far sposare Gantt con una tra molte delle ragazze incontrate durante il viaggio. Alcune delle opzioni sono limitate a certi eventi, altre sono immediatamente disponibili: tutte aggiungono una bella conclusione alla storia, dalle più tristi alle più felici. Alternativamente, si può sempre decidere di lasciar passare 10 anni, momento in cui sarà chiesto al giocatore di fare una scelta e, indipendentemente dalla risposta, il gioco terminerà automaticamente. In definitiva, l’esperienza può essere conclusa in qualsiasi momento lo si desideri e, per quanto il finale buono sia nettamente meglio degli altri, sono contento di aver esplorato anche altre conclusioni.
Infine, se non si fosse capito da quanto detto finora, la rigiocabilità è chiaramente un punto di forza; è impensabile fare tutto in un primo gameplay e la varietà dei personaggi permette di sperimentare moltissimo, dando la possibilità di fare nuove giocate con approcci molto diversi.
10/10

Che dire, adoro Traverse. Non è perfetto; ci sono cose che potrebbero essere sistemate. Eppure, mi sento di dire che è uno dei miei JRPG per Super Famicom preferiti... se non il mio preferito.

9.6

Voto assegnato da Vectorman98
Media utenti: 9.6

Vectorman98

ha scritto una recensione su Solid Runner

Cover Solid Runner per Snes

C-C-C-C-C-Computer

Cercherò di essere il più oggettivo possibile, ma so già che sarà un fallimento.
Ho desiderato fare questo titolo da quando ho saputo della sua esistenza; tuttavia, la patch di traduzione a cui sta lavorando Aeon Genesis Translations è in stallo da tempo immemore. Poi, la svolta: ho scoperto che su RetroArch c’è un servizio IA che permette di tradurre, seppure in modo impreciso sotto certi aspetti, il testo che compare a schermo. Solid Runner è giocabile.

Grafica
Una meraviglia per gli occhi. Lo stile grafico è chiaramente lo stesso di Dark Law – Meaning of Death, uscito il medesimo anno per Super Famicom, sempre per mano della ASCII. Mentre, tuttavia, per Dark Law il campo visivo era estremamente ridotto (1/3 dello schermo era occupato dalle statistiche dei personaggi), per Solid Runner il problema non si pone. Ne risente il numero dei pixel a schermo, ma personalmente preferisco avere una visuale completa piuttosto che ritrovarmi a guardare una sorta di split screen.
A priori non ci si aspetterebbe troppo in termini di varietà visiva: è ambientato in un futuro non troppo lontano, del resto. Invece, il gioco riesce a stupire anche da questo punto di vista. Le ambientazioni sono ben realizzate, dall’interno dei palazzi tecnologici, alle più povere baraccopoli, fino anche alle poche zone desertiche o arboree. Neanche per quanto riguarda la grafica di combattimento si può dire qualcosa di negativo. Gli sprites, infine, sono altrettanto definiti con cura.
È uno stile che, personalmente, adoro. Dark Law si meriterebbe un 9, causa “split screen”, quindi...
10/10

Sonoro
Nostalgia. Non so perché.
La colonna sonora è particolarmente azzeccata per l’ambientazione; in particolar modo, mi sono ritrovato ad apprezzare molto i temi calmi e qualche traccia dei vari dungeon. Per quanto riguarda i primi, sono riusciti a far scaturire dentro di me il senso di tranquillità che i compositori speravano sicuramente di ottenere: più di una volta, mentre passeggiavo col protagonista per le strade di Solid City, mi sono ritrovato a dire “Io qui sto bene”, “Sono rilassato” e tante altre affermazioni positive. Nulla da togliere alle altre tracce, ma il fatto è che sono stato invaso da questo senso di sicurezza e tranquillità che raramente trovo in altri titoli. Tutto questo mi ha fatto pensare ai momenti in cui tutto era molto più facile, a quando le preoccupazioni restavano circoscritte a un ambito decisamente più ristretto. Se una colonna sonora riesce a fare questo, non posso che apprezzarla molto.
9/10

Storia
20XX, Solid City, Brasile. Shuu Erksine, detective, è fidanzato con Irene, la figlia del boss Tao della mafia cinese “Drago Nero”, una società avente grande influenza sulla città. Manca ormai una settimana al giorno delle nozze e Shuu decide di attendere il fatidico momento facendo ciò che l’ha sempre contraddistinto: attendere che qualcuno lo contatti per qualche lavoro investigativo e portare a termine le eventuali richieste. Il lavoro non manca ad arrivare, considerando gli avvenimenti che stanno caratterizzando la città negli ultimi giorni: l’arrivo di gruppi plausibilmente criminali dall’Europa, la contrazione da parte di alcuni cittadini di un nuovo tipo di virus e la diffusione nelle baraccopoli e nei sotterranei di misteriosi bio-mostri. Armato con il suo runner Grandil (una sorta di mech di dimensioni paragonabili a quelle di un essere umano), il protagonista è pronto a indagare.
La cosa principale che mi sento di dire è la seguente: tutto funziona. Mano a mano che si va avanti nella storia molti elementi si intrecciano, si risolvono e si complicano in una maniera mai forzata. Ci sono alcuni colpi di scena qua e là molto ben accetti, ma è il modo in cui fluisce il tutto a spiccare.
Anche i personaggi meritano molto, in particolare Shuu. È forse uno dei personaggi più umani che abbia mai incontrato in un gioco di questo tipo. Il protagonista va incontro a molte situazioni davvero caratterizzanti e pesanti, rendendo lo sviluppo del suo personaggio una delle tante cose ben riuscite di questo titolo.
Le tematiche affrontate sono molto delicate e non mi stupisce il fatto che questo titolo sia rimasto confinato nella terra del Sol levante, anche se, probabilmente, pure l’anno d’uscita ha influenzato la sua mancata diffusione.
9/10

Gameplay
Il gameplay di Solid Runner è decisamente unico nel suo genere, anche se alcune scelte fatte dagli sviluppatori possono essere state precedentemente utilizzate in altre circostanze separatamente.
Il gioco è strutturato come un JRPG a turni, segmentato in una quindicina di missioni, alcune autoconclusive. Parte del gameplay è focalizzato su investigazioni “a piedi”: trovare la persona giusta con cui parlare per far progredire la storia e cose simili. Non mancano, nel mech, le esplorazioni dei dungeon e, ovviamente, gli scontri casuali: questi ultimi sono sempre uno contro uno, in quanto si controlla soltanto Shuu all’interno di Grandil in battaglia. Non ci sono turni, ogni azione viene svolta, salvo casi particolari, sempre in contemporanea dal giocatore e dall’avversario. Grandil può equipaggiare fino a 4 armi diverse, due sulle braccia e due sulle spalle, assegnate ai 4 tasti A, B, X e Y; insomma, è un Pokémon che può imparare 4 mosse. Gli attacchi che si possono effettuare sono: attacco a distanza da fermo, attacco a distanza in movimento, attacco melee, utilizzati anche dagli avversari; esattamente come in Fire Emblem, vige una sorta di triangolo delle armi (il primo degli attacchi indicati dà vantaggio sul secondo, il secondo sul terzo e il terzo sul primo). Ciascun nemico ha un determinato pattern d’attacco, per cui conoscere con quale modalità deciderà di agire richiede l’utilizzo di un po’ di strategia, soprattutto poi con i boss, dato che, quando questi ultimi scendono sotto un livello critico di vita, cambieranno i pattern. Parte della strategia sta ovviamente nella scelta dell’armatura: è possibile averne una che resiste all’elettricità o al veleno, ad esempio, ed è pressoché utile sapere in anticipo quali attacchi verranno sferrati nella zona da esplorare; dico “pressoché” perché in realtà l’armatura che rigenera HP è oggettivamente più forte delle altre e rende quasi obsoleti gli oggetti curativi.
La difficoltà non è di certo delle più elevate… anzi, il gioco è senza dubbio facile, se si sa cosa bisogna fare con certi scontri casuali e certi boss. E per la difficoltà presentata, l’encounter rate è decisamente troppo elevato: va migliorando verso la fine, in quanto le zone si fanno più dense di stanze più piccole e si resetta il tempo dello scontro casuale ogni volta che si passa da una zona all’altra. Un altro difetto riguarda i boss: nonostante la “varietà” del pattern che cambia, a lungo andare ci si può annoiare un pochettino quando capita uno di questi scontri. Va detto che la strategia può variare rispetto ad uno scontro casuale: mentre per quest’ultimo si punta ad avere un massimo output di danno nel minor numero di turni possibile, contro un boss ho trovato che la tecnica migliore era quella di usare armi che infliggevano status come veleno, elettricità e acido per, rispettivamente, fare danno continuo, ridurre precisione ed evasione e diminuire la difesa. Una volta inflitti questi malus, tuttavia, l’output del danno con queste armi era talmente basso che il resto della battaglia era fatto solo ed esclusivamente con le altre armi equipaggiate (anche se continuava a valere la questione della strategia data dalla scelta degli attacchi).
A parte questi difetti, non mi sento di criticare ulteriormente quello che è un gameplay… solido (badum-tss).
8/10

Longevità e rigiocabilità
Il gioco presenta una storia principale della durata di 20 ore. Non c’è molto da fare al di fuori della storia principale, se non dei tornei che sono comunque richiesti in un momento del gioco. Per un secondo gameplay, consiglio vivamente di bandire l’armatura che rigenera HP.
Al di là della rigiocabilità, devo dire comunque che il titolo intrattiene parecchio. Succede raramente, ma questa volta, dopo ogni sessione di gioco, mi ritrovavo ad attendere con trepidazione che arrivasse il momento successivo in cui avrei avuto un po’ di tempo da dedicargli. Se soltanto fosse stato un po’ più lungo, avrei potuto anche dare 10 a questa sezione.
9/10

Aggiungo che il gioco ha una introduzione davvero accattivante: si è subito attratti dagli eventi narrati e le immagini raffigurate durante questa parte sono realizzate divinamente.
In definitiva, avevo molto hype per questo titolo ed è stato ben riposto.

9

Voto assegnato da Vectorman98
Media utenti: 9

Vectorman98
Cover Hiouden: Mamonotachi to no Chikai per Snes

The Legend of the Scarlet King - The Demonic Oath

Grafica
Dal punto di vista grafico, il titolo non eccelle. Le cutscene sono splendide, con dettagli davvero ben realizzati, mentre la grafica di gioco lascia molto a desiderare, eccezion fatta per l’interfaccia utente. Tuttavia, nonostante le limitazioni, il titolo è in grado di tenere, senza rallentamenti troppo esagerati, un sacco di sprites a schermo (già solo quelli del party principale sono 24). A proposito di questi ultimi, man mano che si gioca si inizia ad apprezzarli sempre di più: sono partito non apprezzando particolarmente lo stile grafico, ma verso la fine mi sono trovato piuttosto soddisfatto del lavoro fatto dagli sviluppatori. In aggiunta a questo, la varietà è sbalorditiva.
8/10

Sonoro
Il miglior lavoro di Motoi Sakuraba sulla piattaforma. Potrei dilungarmi per ore a parlare di quanto sono appassionato di questa colonna sonora. Le tracce sono azzeccate per i vari momenti e restano in testa per ore, a volte giorni, specialmente una delle ultime. Anche per quanto riguarda la varietà non posso che ritenermi estremamente contento. A distanza di un anno dalla prima volta che ho toccato questo gioco, ancora mi ritrovavo a canticchiarmi il tema principale e non solo.
10/10

Storia
Richard, il terzo principe della famiglia reale dei McIntyre, risulta essere l’unico regnante superstite in seguito ad un attacco da parte di Macaulay, il re di un paese limitrofo. Grazie ad alcuni sudditi rimasti fedeli al nome di McIntyre, tra cui la guardia reale e amico Kirkwood, il principe riesce a scappare dal suo castello sotto assedio e si rifugia, dopo un lungo tragitto, in un’alta torre. Giunto all’ultimo piano, Richard viene accolto in un giardino fluttuante dalla driade Beatrix; quest’ultima spiega al giovane di trovarsi in una torre incantata, la quale, grazie alla forza di alcuni demoni racchiusi all’interno di statue, si è preservata nel tempo. La driade aggiunge poi che il principe risulta degno di indossare degli anelli magici che gli permettono di stringere un patto con suddetti demoni e di farli combattere al suo fianco; consapevole di non essere in grado di sconfiggere le truppe di Macaulay con il solo ridotto esercito di sudditi che si ritrova, Richard accetta la proposta e diventa, di fatto, il re dei demoni. Con questo nuovo aiuto, il principe inizia la discesa della torre per sconfiggere le truppe di Macaulay.
La storia è completamente unica nel suo genere. Non è eccessivamente sviluppata, consistendo di poche linee di dialogo all’inizio e/o alla fine di ciascuno dei 20 capitoli, ma riesce ad appassionare. La conclusione dopo il boss finale è davvero ben realizzata ma non mi dilungo troppo su questo per ovvi motivi.
9/10

Gameplay
Sulla carta sembrerebbe un RTS. È, in realtà, molto, ma molto di più.
In ognuna delle 20 missioni si controlla un esercito di al massimo 24 unità divise in 6 party da 4 ciascuno. Obiettivo di ciascun capitolo è raggiungere delle scale per passare al piano successivo o eliminare tutti o alcuni dei nemici sul piano. A differenza di un semplice gioco di strategia in tempo reale, il titolo presenta delle sfaccettature di micro management che lo rendono molto vicino al genere RPG. Ciascun personaggio guadagna esperienza ogni volta che il suo team sconfigge un nemico, possiede delle slot per inserire armi ed equipaggiamenti e può cambiare fino a due volte classe, diventando sempre più potente. Le classi magiche guadagnano nuovi incantesimi quando raggiungono un determinato livello e ciascuna delle magie che imparano risulta essere piuttosto utile, specialmente quelle curative verso la fine del gioco. A condire il tutto, l’inventario è pieno zeppo di oggetti magici e curativi; questi ultimi sono davvero molto variegati, considerando che la maggior parte dei personaggi ha una preferenza per un determinato alimento, il quale gli permette di recuperare tutta la vita nel momento dell’assunzione. Infine, è possibile richiedere un determinato comportamento ai rispettivi team, sia in veste di magie da utilizzare e in che quantità, sia per quanto riguarda l’aggressività ogni volta che si incontra un nemico.
Questo gioco richiede davvero un sacco di ragionamento per essere padroneggiato: posizionare le proprie truppe è essenziale per garantire un attacco che possa minimizzare i danni subiti ed è anche vitale capire come utilizzare la magia, considerando che gli oggetti curativi sono in quantità limitata e solo alla fine della missione si ha una cura totale dei personaggi.
Molte mappe presentano meccaniche particolari, dalla necessità di utilizzare determinate chiavi per aprire le porte, all’utilizzo di specifici stratagemmi per disarmare le trappole.
Il più grande difetto di questo gioco è il tempo necessario per curare le truppe senza utilizzo di oggetti: la modalità riposo fa recuperare 1 punto salute al team ogni 5 secondi. Inutile dire che, con personaggi che raggiungono facilmente i 300 punti (e 600 nel new game+), la situazione può diventare davvero noiosa e, considerando la limitatezza degli oggetti e l’impossibilità di ripristinare la magia riposando, si tenderà ad usare queste due meccaniche il meno possibile e la seconda quando si ha la garanzia di essere verso la fine della missione. Un metodo per ovviare a questo problema è quello di utilizzare soltanto alcuni team alla volta, in modo tale che, quando questi ultimi si stanno riposando, è possibile usufruire degli altri che ancora non hanno combattuto o che lo avevano fatto in precedenza ma si erano già riposati. Tuttavia, alcune missioni richiedono tutto l’esercito, specie nelle imboscate.
Purtroppo mi sono imbattuto in alcuni bug nel new game+, tra cui un paio che mi hanno prima impedito e poi permesso di sconfiggere il boss finale (sottolineo, SOLO nel new game+).
Enorme consiglio: sfruttare il fatto che il gioco sia compatibile col mouse. Questa sola cosa migliora notevolmente l’esperienza di gioco.
8/10

Longevità e rigiocabilità
Con 20 ore dopo il primo gameplay e 40 dopo il new game+ il gioco dura il giusto. È un titolo che coinvolge molto e invoglia a continuare anche dopo aver finito una missione particolarmente lunga.
Per quanto riguarda la rigiocabilità, essa è garantita dalla possibilità di rifare la storia dopo il boss finale, con unità nemiche più forti e alcuni oggetti bonus. Molti di questi, tuttavia, non sono utilizzabili e sembra quasi che vengano dati come premio o addirittura come meme (ad esempio, si può ottenere un bikini che dà +1 alla classe armatura delle incantatrici, quando già nel gameplay normale si aveva a disposizione una veste che dava +1 o una migliorata con +4). Alcune missioni cambiano leggermente, riuscendo a garantire maggiore varietà rispetto a quello che sarebbe stato un semplice secondo gameplay. Anche alcune magie diventano piuttosto utili con la difficoltà aumentata.
I bug penalizzano molto il new game+, ma considerando che si può salvare ovunque, in qualsiasi momento, con tre slot a disposizione, bisogna soltanto andare cauti e salvare il più possibile.
9/10

Piccola nota extra: ciascun personaggio, amico o nemico, dall’unità più importante a quella più di nicchia possibile ha un nome proprio. Gli sviluppatori hanno messo molta passione nella realizzazione di questo titolo e si vede.

Non posso non dire, infine, quanto adoro questa opera. Credo sia uno dei miei giochi preferiti per Super Famicom, nonostante i grossi difetti citati sopra. Ho deciso di rigiocarlo recentemente, sapendo che c’era il new game+ e sono arrivato ad apprezzarlo ancora di più.

8.8

Voto assegnato da Vectorman98
Media utenti: 8.8

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