The Electric State Recensione
The Electric State recensione cercherà di rispondere alla domanda che devono essersi posti, con tanto di risposta affermativa, i capoccia di Netflix quando hanno imbastito questo progetto. Metti a disposizione il budget più alto per la piattaforma di streaming più famosa (addirittura tra i 10 budget più munifici della storia del cinema), un cast stellare ed alla regia i fratelli Russo campioni di incassi della Marvel; aggiungi un buon soggetto preso da una grapich novel di successo e tematiche quantomai attuali. Cosa potrà mai andare storto?
Il problema che potrebbe inguaiare un simile film - senza che ciò implichi in alcun modo una risposta - è proprio questo: con queste premesse le aspettative del pubblico sono elevatissime, e non è mai facile costruire a tavolino un successo leggendario annunciato, anche avendo a disposizione tutti gli ingredienti sulla carta appropriati. Missione compiuta o fallimento epocale? Ora che ho catturato la vostra attenzione, toccherà leggere fino in fondo questa recensione.
The Electric State recensione: cast e trama
Anche senza conoscere i dettagli, non stentiamo a credere che una grossa fetta del budget ultramilionario a disposizione sia stata spesa per il cast, pieno di volti noti che non necessiterebbero di tante presentazioni: partiamo con Millie Bobby Brown (Undici di Stranger Things) e Chris Patt (Guardiani della Galassia), per giungere a Giancarlo Esposito (Breaking bad) e Stanley Tucci (Il diavolo veste Prada), per finire con Ke Huy Quan (do you remember Data dei Goonies?), senza dimenticare i doppiatori originali dei robot.
Bisogna dire che la presenza di attori così iconici rappresenta di per sè un buon motivo per mettersi alla visione di The Electric State, ma le star di Hollywood hanno risposto alle attese? Naturalmente sì, anche se non si registrano prove attoriali da strapparsi i capelli o gridare al miracolo, forse perchè di carne al fuoco ce n'è sin troppa, ed il ritmo nè frenetico nè riflessivo non agevola; la presenza scenica e le capacità non si discutono e non deludono, semplicemente non è un film che possa far risaltare cotanto ben di Dio, considerando anche che, pur rivestendo un ruolo importante, non tutti hanno a disposizione un minutaggio sufficiente a portarsi a casa un oscar.
A dirla tutta oscar è una parola che non sentirete spesso abbinata al titolo di questo film, ma ad essere onesti va inquadrato il suo target, costituito da un pubblico per lo più giovane, e la volontà di intrattenere con tematiche attuali ed una buona dose di sentimento, ma senza ambiziose velleità di chissà quale profondità artistica e filosofica.
I protagonisti del film
Non deve essere presa come una critica, in quanto avere le idee chiare sul target di pubblico, sul genere di appartenenza e su ciò che si vuole mostrare è in realtà il primo passo verso il successo, ed Electric State si propone come un aspirante cult di fantascienza giovanile (più La storia infinita che Blade Runner come atmosfera, per intendersi) ambientato in anni '90 alternativi in cui i robot e l'intelligenza artificiale hanno preso sempre più piede, fino a diventare senzienti ed anelare alla libertà dalla schiavitù dei compiti sempre monotoni e noiosi a cui sono stati relegati dagli umani.
Come anticipato le tematiche sono alquanto attuali: non solo l'Intelligenza artificiale, i robot e la loro convivenza con il genere umano, ma anche la realtà virtuale che permea la vita dell'umanità dopo la fine della guerra con i robot, metafora della dipendenza dalla tecnologia, sia nel vero e proprio senso della parola, con l'umanità che delega tutto al proprio alter ego robotico, sia nel senso di dipendenza patologica dai caschi per comandare il proprio robot in stile realtà virtuale, allegoria degli onnipresenti smartphone.
Non manca però anche qualche citazione che farà felice i boomer, grazie a Keats (Chris Patt), un contrabbandiere di pezzi da collezione di Masters of the Universe, Gijoe e Nintendo a 8 bit.
La trama è lineare ma non scontata, e non lesina i colpi di scena; quel che si può dire su di essa senza commettere il peccato mortale della spoilerata lo potete trovare nella pagina wikipedia di The Electric State, vi basti sapere che Michelle (Millie Bobby Brown) dopo essere rimasta orfana ed aver perso l'amato fratello, viene contattata da un robot eroe di un cartone animato stile animatronic che i due amavano guardare insieme, e che si esprime solo con frasi fatte come il peggior pupazzo di Krusty il clown. Da lì a partire per un'avventurosa ricerca del fratello, imbattendosi in compagni umani e non, fino a tentare di salvare l'umanità trovandosi di fronte al più doloroso dei bivi, il passo è breve.
Adoro Herman, in assoluto il personaggio più memorabile
The Electric State: come si sviluppa?
L'inizio del film è accattivante e presenta un buon ritmo: dopo l'introduzione alla realtà degli anni '90 alternativi ed alla famiglia della protagonista, lo sviluppo è interessante, e l'azione non tarda a fare capolino; funziona anche l'interazione del sopracitato robot, capace di esprimersi solo con frasi fatte estrapolate dal proprio cartone animato, con gli altri personaggi. Ciò costituisce la primaria fonte di humor nell'opera, oltre al già mitico robot Herman, una matrioska vivente multifunzione dotato di sprezzante senso dell'umorismo, vero mvp del film (già un perfetto funko pop a mio avviso).
Robot ed esseri umani possono convivere e collaborare per uno stesso ideale, dopo la fine della guerra tra di loro? Tema troppo semplicistico e con poco appeal per un pubblico maturo? Può darsi, ma funziona sempre per seguire un'avventura in un mondo distopico caratterizzata da buoni sentimenti, ideali universali ed incrollabili e legami estemporanei.
Non mancano momenti ed istantanee romantici (iconico il robot che trasporta i protagonisti dentro un minivan tenuto sul palmo della mano, muniti solo di flebili speranze), giocate sull'umanità che permea i robot più di alcuni villain umani, e che li vede evolversi e tentare di andare oltre le proprie mansioni di fabbrica per cercare il proprio vero io interiore (memorabile il robot parrucchiere deluso quando non può tagliare i capelli), che suscitano attimi di commozione, così come alcune battute non sono affatto male, riportando il tono umoristico e leggero al centro del film.
Chi ha detto I Goonies?
Non so chi abbia detto I Goonies, e se gli sia saltato in mente a causa del facile collegamento con l'attore Ke Huy Quan (proprio il mitico Data dei Goonies) o della tipologia di lungometraggio, certo è che un paragone con codesta pietra miliare, come con altri capolavori accomunabili, non regge proprio.
Rispetto ai Goonies The Electric State perde nettamente il confronto sul ritmo, i personaggi e sulle musiche, ma non è solo questo.
Dei Goonies se ne parla ancora oggi dopo oltre 40 anni, e tutti noi abbiamo i suoi personaggi nel cuore (anche quelli minori, come Sloth), non solo perchè è un capolavoro di Spielberg (scusate se è poco), ma anche perchè alla sua uscita ha rappresentato una sorpresa e non portava il peso di chissà quali aspettative, cosa che rischia di schiacciare invece The Electric State (nome anch'esso dimenticabile).
I personaggi di The Electric State probabilmente non entreranno nella storia - eccetto forse il robot Herman - e nel complesso il film ha un che di "annacquato", ma ciò non significa che sia tutto da buttare, anzi tutto sommato il film risulta piacevole, soprattutto per un pubblico più giovane, e le due ore trascorse insieme non sono affatto da buttare.
Ricordiamoci che un budget altisonante non può significare automaticamente un trionfo leggendario, ma non deve essere neanche una colpa: in fondo i 320 milioni non sono i nostri, e basta un abbonamento a Netflix, anche condiviso, per godersi il film. Dopotutto di Goonies ne esce uno ogni 40 anni; oggi non ne è uscito un altro, ma non di solo Goonies possiamo vivere.
Per sapere se merita veramente vedere la serie su Sky The day of the Jackal clicca qui.
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playstationer
Goonies ne esce uno nella vita...Super 8 è un ottimo prodotto come strange things anche se serie tv