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Dragon Age: Veilguard – Recensione

Mai sazi di giochi di ruolo, ci siamo addentrati nel mondo fantasy di Thedas e abbiamo realizzato per voi la recensione di Dragon Age: Veilguard. A distanza di 10 anni da Inquisition, la serie di EA e Bioware torna per puntare a riprendersi il trono del genere. Per sapere se ci è riuscita, dovrete continuare a leggere la nostra recensione.



La storia la fanno i vincitori



Nei primi anni 2000, periodo in cui nei nostri salotti e nelle nostre camere PlayStation 3 la faceva da padrone, Electronic Arts e Bioware crearono una serie che puntava a rivaleggiare con l'amatissimo Baldur's Gate e con altri capisaldi del genere. Dragon Age: Origins, questo il titolo dell'opera, diventò rapidamente un'icona, escalation che portò alla produzione di due seguiti. Dragon Age II prima e Inquisition poi non riuscirono però a ripetere l'impresa dell'opera originale, nonostante l'ultimo capitolo in particolar modo e i suoi DLC abbiano convinto la critica.



Per sapere come la storia va avanti, è necessario fare un bel salto temporale: dopo dieci anni di (quasi) silenzio, infatti, arriva su PlayStation 5 Dragon Age: The Veilguard. Il gioco, proprio come nella realtà, è ambientato due lustri dopo gli eventi di Inquisition, e riporta i giocatori nel mondo di Thedas. A differenza di quanto visto in passato, dove da precedenti salvataggi venivano recuperate le scelte fatte, The Veilguard sceglie una strada diversa, complice il lungo lasso di tempo intercorso. Ai giocatori verrà richiesto di comunicare in sede di creazione del personaggio la sua backstory. Da qui si dipanerà una storia che terrà conto di queste variabili, evitando però contraddizioni.



In questo modo, anche chi non avesse affrontato Inquisition potrà lanciarsi nell'avventura senza troppi problemi. Il rischio rimane però quello di non entrare in pieno nel “mood” di Dragon Age, dato che molti termini e riferimenti non verranno spiegati. Il suggerimento è quindi quello di dare un'occhiata a qualche riassunto delle puntate precedenti, se così vogliamo chiamarlo, per calarsi nel mondo. Data la vastità di Dragon Age, l'ideale sarebbe giocare tutti i capitoli già disponibili, ma ci rendiamo conto che potrebbe essere un'impresa molto impegnativa. Diverso poteva essere un riassunto in game o una sezione dedicata, scelta che Bioware non ha però considerato.



Detto delle premesse narrative, prima di calarsi nell'azione sarà necessario creare un eroe scegliendone razza e classe, oltre all'aspetto estetico. Si tratta di opzioni immancabili in qualsiasi GdR: la proposta di The Veilguard comprende quattro razze (umani, nani, elfi e qunari) e tre classi (ladro, mago o guerriero). Particolarità del gioco rimane la già citata backstory, che influenza in maniera diretta alcuni elementi, così come faranno una serie di immancabili bivi narrativi più o meno importanti. Nonostante questo, come vedremo più avanti, la componente ruolistica rimane secondaria rispetto all'azione.



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Il gameplay di Dragon Age: The Veilguard



Dopo il necessario cappello iniziale, possiamo parlarvi brevemente della trama di The Veilguard, per poi passare all'azione. La storia, seppur con la consueta qualità narrativa di Bioware, non brilla per fantasia. Ci eravamo lasciati con il mago Solas, il Temibile Lupo, intento a rubare il potere di Flemeth. La nostra divinità elfica delle menzogne decide che è anche giunto il momento di squarciare il Velo, che ha tolto i poteri al suo popolo. Qualcosa durante il rituale va storto, e Solas rimane imprigionato nell'Oblio, liberando nel contempo due terribili tiranni chiamati Evanuris. C'è quindi bisogno di qualcuno che li fermi e salvi proverbialmente capra e cavoli. E chi meglio del protagonista Rook e della squadra di intrepidi avventurieri per riportare la pace nel mondo? Il pretesto è quindi quello della classica ed eterna lotta del bene contro il male, montando il tutto nella ricca lore di Dragon Age.



Ad accompagnare il protagonista avremo una squadra che includerà, al suo massimo, 7 personaggi: 2 tra questi a nostra scelta potranno accompagnarci nelle battaglie, mentre proseguendo potremo approfondire il rapporto con i vari membri. Nonostante il tema stantio (passateci il termine), nel raccontare la sua storia Dragon Age: The Veilguard non lesina su colpi di scena e su momenti emozionanti, ben supportato da tante cutscene e da dialoghi. Si tratta di una struttura ben nota ai fan, che si ripropone anche in questo nuovo episodio. La maggior parte delle attività discorsive si svolgeranno al Faro, struttura che fa da hub principale e che permette di lanciarsi in battaglia. Dragon Age: The Veilguard abbandona in questo senso la gestione totalmente open world, proponendo aree chiuse collegate da portali.



Questa scelta riduce la dispersività, ma il numero ridotto di aree e la necessità di parecchio backtracking renderanno tutto da subito un filo ripetitivo. Capiterà anche sovente di trovarsi di fronte a muri bianchi a bloccare la nostra esplorazione, non esattamente piacevoli. Se a questo aggiungiamo, come vedremo, una varietà di nemici tutt'altro che eccelsa, è facile capire che alla lunga ci si sentirà “affaticati” dal titolo. Nonostante questo, soprattutto per la prima ventina di ore, non vedremo l'ora di lanciarci negli scontri contro i nemici e i potenti boss, grazie a un sistema di combattimento semplice ma appagante.



The Veilguard propone una visuale in terza persona, in cui controlleremo solo Rook e potremo dare suggerimenti generici ai compagni, controllati dall'IA. Ogni personaggio è dotato di una serie di abilità e di skill che, in pieno stile MMORPG, avranno un tempo di cooldown. Potremo inoltre modificare l'equipaggiamento e le armi per aumentare potenza e resistenza. Potremo anche usare i punti esperienza per acquistare abilità e potenziamenti da un semplice skill tree, che non vanta particolari ramificazioni né evoluzioni. Come dimostrano anche le sole tre classi disponibili, questo capitolo di Dragon Age punta molto più sull'azione che sugli elementi puramente GdR. Chi ama passare ore a creare build perfette in stile Diablo, dunque, potrebbe rimanere deluso.




Aspetta un momento!



Nonostante la deriva action di The Veilguard, fa piacere sapere che Bioware ha deciso di conservare la funzione di pausa, per inviare comandi alla squadra e farla agire di conseguenza. Questo, soprattutto negli scontri più concitati, farà la differenza tra vittoria e sconfitta. Basterà premere il tasto R1 per accedere a un semplice menu che bloccherà temporaneamente l'azione. Da qui potremo decidere quale delle nostre skill usare e quali azioni tra una scelta ridotta dovranno compiere gli alleati. Gli input sono “usa tale abilità” oppure “dedicati alle cure”: niente di complesso ma adatto allo stile degli scontri. La presenza di vari livelli di difficoltà e numerosi aiuti permette inoltre di adattare l'esperienza a qualsiasi tipologia di giocatore.



Potremo rendere l'avventura facile (a volte troppo, considerato che esiste anche una God Mode) oppure complessa, per trovare il giusto ritmo di gioco. In ogni caso, sarà possibile notare un buon aumento della curva di difficoltà superata la metà circa del gioco, che ha una durata stimabile intorno alle 40 ore. Questo ovviamente puntando solo a raggiungere il finale: i completisti dovranno spenderne il doppio per scoprire ogni segreto ed esplorare ogni anfratto delle mappe. Dobbiamo però sottolineare che questa longevità è in parte artificiale: scontri a ondate, tante cutscene e vari dialoghi diluiscono i momenti di gioco nudo e puro, rendendo a volte snervante l'attesa tra una battaglia e l'altra.



Questa sensazione è particolarmente rilevante nelle battute finali del gioco, in cui seguendo la questline principale ci si troverà in una sorta di imbuto in cui una serie di scontri contro vari minions indirizzeranno alla battaglia conclusiva. La ridondanza dei nemici, che come vi abbiamo anticipato hanno un numero ridotto di variabili, sarà ancora più evidente. Una scelta più diretta, rinunciando magari a qualche ora di gioco, avrebbe reso tutto più fluido e coinvolgente. Non si tratta di un vero e proprio difetto, intendiamoci, ma chi è meno avvezzo al genere o tende facilmente ad annoiarsi potrebbe trovarsi di fronte a un ostacolo non da poco.



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Il comparto tecnico di Dragon Age: The Veilguard



Se quindi il gameplay e la narrazione, seppur con qualche lacuna, ci hanno convinto, lo stesso non possiamo dire del comparto tecnico di Dragon Age: The Veilguard. Vogliamo sottolineare fin da subito che siamo consapevoli di avere di fronte un titolo concepito 10 anni fa, dunque con tecnologie ben diverse da quelle attuali. Va però anche segnalato che i modelli poligonali dei personaggi non sono esattamente esaltanti, considerato quanto recentemente visto su PlayStation 5. Lo stesso dicasi per le animazioni e per gli effetti speciali, spesso all'apparenza grezzi e abbozzati. Emblematiche le acque basse e le zone boschive, in cui il passaggio del nostro passaggio non creerà nessun effetto, come se fossimo dei fantasmi. Si tratta ovviamente di dettagli, che denotano però una certa arretratezza.



Dove invece The Veilguard ci ha davvero colpiti è nella presentazione delle ambientazioni. Fin dall'inizio, davanti al giocatore si pareranno scorci incredibili, profondi e pieni di dettagli. Lo stile fantasy di Thedas e vari rimandi al passato saranno chiari ed evidenti, con scenari realizzati con grande cura e maestria. Meno elaborato il level design, che propone spesso strutture a corridoi che lasciano poco spazio alla fantasia. Questa però è una naturale derivazione della scelta di abbandonare l'open world, che potrà piacere o meno in base a ciò che un giocatore predilige.



Di grande qualità invece la colonna sonora, che è stata affidata niente meno che a due mostri sacri quali Hans Zimmer e Lorne Balfe. La sostituzione di Trevor Morris non taglia comunque il fil rouge che collega il titolo al precedente capitolo e, più in generale, all'intera saga. Sia i neofiti di Dragon Age che i fan storici della serie apprezzeranno in egual modo le scelte artistiche del duo, così come gli effetti speciali e il doppiaggio. Relativamente a quest'ultimo, è doveroso sottolineare che sarà soltanto in inglese, seppur molto piacevole. Come nei precedenti capitoli, saranno comunque presenti interfaccia e sottotitoli in italiano, per comprendere ogni elemento senza fatica.



Buona infine anche la realizzazione tecnica. Ricordando ancora una volta che ci troviamo di fronte a una produzione la cui realizzazione è durata una decina d'anni, siamo rimasti piacevolmente sorpresi dall'assenza di grossi bug o crash. Dragon Age: The Veilguard scorre sempre senza troppi problemi, sorvolando su quei piccoli nei che contraddistinguono giochi di ruolo mastodontici composti da svariati elementi. L'aver realizzato il gioco solo per console di nuova generazione è stata a nostro avviso la scelta più giusta per proporre un titolo privo di scorie di lavorazione.



Il Platino di Dragon Age: The Veilguard



Lunga ma priva di ostacoli è la strada che i cacciatori dovranno percorrere per arrivare al Platino di Dragon Age: The Veilguard. Come vi sveliamo sul nostro forum, l'elenco comprende infatti una serie di richieste legate alla storia e alle sotto missioni, con pochissimi trofei mancabili. Bisognerà fare attenzione a un paio di scelte cruciali e salvare spesso per non rischiare d'incappare in trofei buggati, ma potendo giocare anche alla difficoltà più bassa si tratta di una sfida alla portata di tutti. Certo, dovrete passare circa 80 ore a Thedas, ma senza sudare eccessivamente.




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