La fine e l'inizio.
Alla fine la sentenza dei Prassici é stata pietosa. Clemente.
Io non sono stato perseguito, visto il mio aiuto nei loro confronti.
Afferro con le bacchette un trancio di salmone e lo porto alla bocca. Con calma.
-Akar!-, esclama una voce. So già chi è.
-Aunor. Siediti pure.-, dico. Lei scuote il capo.
-Venivo solo a farti un breve debriefing. I Dredgen saranno debitamente puniti. Tutti. Diversi Guardiani hanno compreso l'errore ma molti altri, troppi altri, hanno continuato a insistere. Temo proprio che per loro sarà l'esilio. O peggio. Abbiamo già deciso che questo non è il tuo caso.-, dice. Le sorrido, alzando il bicchiere.
-Brindo alla vittoria, allora.-, dico, -E dovresti anche tu.-. Sospingo verso di lei un bicchiere colmo di thé verde. La Prassica rivolge gli occhi al cielo.
-Tu proprio non ti arrendi mai, eh?-, chiede. Io mi limito a continuare a sorridere. E la giovane prende il bicchiere. Lo alza a mo' di brindisi prima di inghiottirne il contenuto. Sono le 22.01. Siamo gli unici avventori del locale. Gli altri se ne sono andati e probabilmente i padroni del locale attendono di poter chiudere.
-Volevo ringraziarti... insomma, ti potevi sganciare quando volevi.-, dice la strega. Annuisco.
-Non avrei permesso a quei bastardi di continuare il loro gioco.-, dico. lei si siede. Annuisce.
-Vuoi qualcosa?-, chiedo. Faccio per chiamare un cameriere.
-Ciò che ho vissuto é stato terribile, ma mi ha fatto capire la profondità dell'orrore, il motivo per cui continuare a lottare.-, dice, -Da questo punto di vista, é stato formativo, a suo modo positivo, per quanto incredibile. Ma...-, silenzio. Un istante di consapevole esitazione.
-Ma non passerà mai.-, dico. Lei annuisce.
-Speri in un qualche miracolo che ti permetta di dimenticare tutto?-, chiedo.
Aunor scuote il capo. Il cameriere si fa avanti con un menù. Lei ordina, con mia sorpresa.
-Sashimi?-, chiedo. Lei annuisce.
-Pare buono. E per risponderti, no. Non voglio dimenticare. Non lo chiedo. Non esiste.-, il tono di lei passa dalla giocosità alla durezza dell'acciaio, -Non voglio dimenticare.-, ripete.
-Il giorno che dimenticherò, il giorno in cui avrò scordato quanto avvenuto su quella nave disgraziata, sarà il giorno in cui avrò tradito ciò che sono. E prego il Viaggiatore che non arrivi mai.-, dice. Il sashimi arriva. Salmone. Quattro pezzi disposti in modo impeccabile.
Lei prende le bacchette e mangia. Lentamente, con calma e grazia. Io sospiro.
-Non sei sola.-, dico. Lei annuisce. Lo sa. Ciò che non sa é che é sola.
E forse lo ha capito. La solitudine di chi ha visto l'abisso é totale, anche nelle affollate vie dell'Ultima Città. La strega termina il pasto e si alza.
-Aspetta.-, dico. La Prassica si ferma.
-Neyma... che ha deciso l'Ordine Prassico per lei?-, chiedo. Aunor tace. Io mi alzo. Calmo.
-Akar... devi capire che Neyma... È un soggetto particolare. Ha corrotto un Guardiano, e indirizzato chissà quanti altri nell'abbraccio dell'Oscurità. Fargliela passare liscia... Non é un'opzione.-, dice. Le costa? Forse. Immagino non si sia mai trovata in una situazione simile.
-Ma non deve per forza essere esiliata o privata della Luce! Ci sono altri modi.-, dico.
Per un istante vorrei parlarle del Rinnegato. Della sua comparsa e delle sue parole.
Mi fermo e taccio, all'ultimo. Neanche io capisco perché.
-Akar, io non posso cambiare le regole per lei.-, dice la strega.
-Già. Ma quando ti ha fatto comodo hai potuto farlo.-, mormoro. Lei incassa senza battere ciglio. La fisso e lei fissa me. Mi sento stanco. E solo. Come non mi sentivo da anni.
-Non mi piace ciò che devo fare.-, ribatte la Prassica.
-Non sei obbligata a farlo.-, dico. Lei mi fissa. Io sospiro.
-Ascoltami, possiamo fare in questa maniera...-, propongo. Le spiego. Pochi minuti dopo, Aunor esce, lasciandomi in compagnia del piatto di sashimi semi-vuoto.
-Desidera altro?-, chiede un cameriere. Il tono é diverso, meno orientale. E anche lo sguardo che noto quando mi volto. Certe cose forse non cambieranno mai.
-Puoi evitare di ricorrere a certi trucchi.-, dico. Il Ramingo mi sorride.
-Forse. Ma il tuo battibecco con la Prassica é stato interessante.-, dice. Si siede, piluccando una porzione di insalata. Non sono dell'umore per quei commenti.
-Lieto che t'abbia divertito.-, dico. Lui sorride.
-Ehi, su con la vita, fratello! Vedrai, passerà anche questa!-, esclama.
-Oh, certo. Per te é facile. Non hai mai perso nessuno.-, dico. Il viso del Portatore di Luce ribelle si oscura, si adombra, improvvisamente gravato da un'emozione che non é simulata.
-Ti sbagli. Ho perso qualcuno. Anche più di una sola persona. Non é stato bello. E non voglio che ricapiti.-, dice. Prende in mano un pugno d'insalata e se lo caccia in bocca.
-E se non vuoi finire come me, ti consiglio di accettare che nessuno e niente vale il tuo sacrificio. Niente e nessuno, credimi.-, conclude.
-È una strada che conosco già.-, replico io. Lui sorride.
-Oh, lo so, fratello. Lo so bene. Allora la domanda é un'altra: che farai?-, chiede.
-Pensi davvero che metterò a soqquadro la Torre solo per salvarla?-, chiedo.
-Lei lo ha fatto. È stata furba. Mi piaceva. Molto simile a me.-, dice il Ramingo.
-Anche troppo. Ma sento che condannarla é sbagliato.-, dico.
-Già. Beh, l'intero universo é sbagliato, fratello.-, ribatte il gestore di Azzardo.
-E tu non vuoi farci niente, vero?-, chiedo.
-Se fosse per me, il mio Spettro non mi avrebbe mai dovuto riportare in vita.-, mormora lui.
Taccio. Quelle sì che sono parole pesanti, tanto più che non ho mai visto il suo Spettro.
-Già. Ma ormai sei qui. Tanto vale rendersi utile, no?-, chiedo. Non risponde.
-Credo sia per questo che tu ci abbia salvati. Shaxx non poteva sapere dov'eravamo, ma tu sì. Conoscevi Neyma da prima che divenisse una Dredgen. Sapevi che si sarebbe rivolta a te, in caso di bisogno. Ed eri pronto ad aiutarla.-, dico.
-Non lo hai fatto perché ti piacesse, né tantomeno perché ti ha pagato. L'hai fatto perché eri stufo di startene solo.-, concludo. Una faccia fa capolino. Il gestore del ristorante. Il Ramingo prende i piatti vuoti e sorride. Li porta in cucina sotto lo sguardo attonito e curioso dell'asiatico. Io sospiro. Ora come ora un saké non sarebbe male.
O anche dieci. Neyma non merita l’esilio. Non merita la punizione che i Prassici credono corretta nei suoi confronti. Ma purtroppo non posso interferire. Giurisdizione prassica.
Dannazione a loro. In parte li capisco, ma non è stato abbastanza? Rischiare di morire, tradire i suoi compagni e sottomettersi al giudizio per i suoi crimini non è stato abbastanza?
-Scusi?-, chiede una voce femminile. Alzo il capo dal piatto, fissando la giovane cameriera.
-Il ristorante chiude tra pochi minuti. Se ha altro da ordinare…-, dice. Sorrido con un diniego.
-No, grazie. Sono apposto. Il conto?-, chiedo.
-Ha pagato tutto la Guardiana che è passata poco fa.-, dice la cameriera.
“Evidentemente ha capito che mi doveva ancora un pasto decente”, penso. Mi alzo ed esco.
-Non vorrai mica…?-, Hara ha quasi paura ad esprimere il proprio pensiero mentre cammino.
-No.-, rispondo, -In questa storia ci sono già state troppe morti. Non intendo aggravare il bilancio.-. Purtroppo è la verità. Abbiamo perso un sacco di Guardiani. Non posso permettermi di rischiare di aggravare le perdite. Neppure per Neyma Vas.
-Era una in gamba.-, dico. Lo Spettro mi fluttua accanto, contraendo l’involucro.
-“Era”? È ancora viva, per quanto ne sai.-, dice. Io sospiro.
-Già. E i Prassici dovranno decidere se privarla della Luce o meno. Se le andrà bene sarà l’esilio.-, dico. Hara non ribatte. Sbadiglio. Restare svegli non gioverà nessuno.
L’indomani mi sveglio consapevole di non aver dormito bene. So anche perché.
Le strade sono trafficate, parecchio. Guardiani e non, come sempre. Il Bazar della Torre è affollato. Un caotico viavai di gente.
-Murda!-, esclama una voce. Mi volto. Sorrido. A salutarmi è Stephen Melchor, uno Stregone.
Diciamo che più che Stregone è un ricercatore. Il dono della Luce gli ha fatto comodo durante alcune occasioni ma non è uno che combatte molto, sebbene lo si veda spesso nel Crogiolo. Ha fatto anche qualche tentativo con Azzardo ma il gioco del Ramingo non faceva per lui.
-Ti sei finalmente deciso a ricomparire, eh Cacciatore?-, chiede.
-Beh, anche tu non scherzi quanto a mimetismo. Ancora impegnato a decifrare codici Cabal?-, replico. Lui sospira. Ci sediamo su una panca poco distante.
-Non hai idea di quanto sia dura.-, dice.
-Più o meno che annichilire un branco di Accoliti che cercano di ucciderti?-, chiedo io.
-Meno. Ma comunque non è facile.-, dice lui. Cade il silenzio.
-Ascolta, ho saputo della faccenda.-, dice.
-Già.-, rispondo io, laconico. Non ne voglio parlare, non m’interessa proprio parlarne.
-Guardiani contro Guardiani… è terribile. Sembra di rivivere l’Età Oscura.-, dice.
-Tu non l’hai vissuta.-, ribatto io. È vero: Melchor è tornato in vita poco dopo il Grande Disastro. Non ha visto le catastrofiche battaglie di Luci contro Luci durante l’Età Oscura. Tantomeno ha assistito alla sconfitta sulla Luna. Ma non per questo è privo di valore.
-Comunque dev’essere stato terribile.-, dice, -E so che i Prassici ora stanno mettendo a processo un po’ di gente.-. Io lo guardo curioso.
-Tu che ne sai?-, chiedo, -E come fai a saperne così tanto?-. Non è normale.
-Contatti. Genna-4 è una mia amica, ricordi? Ed è una Prassica.-, risponde lui. Annuisco.
-Comunque devi avere fede nei Prassici, sanno quello che fanno.-, dice lo Stregone.
Io lo fisso. Intensamente. Poi sospiro.
-Talmente tanto che condanneranno un’innocente.-, dico. Lui mi guarda stupito. Io non rispondo. Il discorso cade nel silenzio.
-Abbi fede.-, dice lui. Io sospiro. No. Non ne ho. Ma mi tocca averne. A dispetto di tutto.
-Abbine anche tu.-, dico alzandomi, -In te stesso, non negli altri. Perché è troppo facile confidare solo negli altri.-. Lo saluto e mi allontano. Non ho altro da dirgli.
-Sei stato duro con lui.-, dice Hara. Io annuisco.
-Finché non uscirà dal suo bozzolo, finché non accetterà che non può sempre esimersi, dovrò esserlo.-, rispondo, -Non può continuare a evitare di fare la sua parte.-.
-Ma la fa…-, risponde lo Spettro, -Solo non come vorresti.-.
-Forse. O forse stiamo solo perdendo tempo.-, dico con tono acido.
-Tu vuoi perdere tempo. Vuoi sapere cos’hanno deciso i Prassici.-, dice Hara. Non nego.
-E anche se fosse?-, chiedo. Oggi sembra che tutti, incluso il mio Spettro mi diano sui nervi.
-Niente. Lo sai, non posso impedirtelo. Però ci tengo a dirti una cosa: forse non hai agito che mi aspettavo, ma hai fatto un buon lavoro. E questo è importante. Sapevo che scegliendo te non avrei sbagliato. Ho avuto dubbi, ma ho avuto anche fede, in te.-, dice il robottino.
-Già. E su questa base io dovrei avere fede…-, mormoro io mentre torniamo verso l’hangar.
-No. Non sei tenuto a farlo, così come non sei tenuto a scegliere di continuare a proteggere l’umanità. Ma l’hai fatto. Forse perché sapevi che era giusto.-, dice Hara.
-Uhm. Messa così allora dici che avrei semplicemente potuto girarmi e andarmene per la mia strada invece che fare… questo.-, dico.
-Ci hai provato, no?-, chiede lo Spettro. Annuisco. È vero. Ma per qualche ragione continuo a tornare alla Torre, a difendere quest’umanità. Anche quando mi capita di pensare che non ci sia speranza. Forse però, invece, rimane solo la testardaggine, l’assoluta ostinazione.
Nessuna speranza, solo il rifiuto più totale dell’eventualità dell’estinzione.
-Forza, torniamo alla nave.-, dico. Prima di farlo, però, un telaio inserviente mi consegna un messaggio. Lo leggo. Cinque secondi dopo sto correndo in direzione opposta. Verso la Città.
Rovine della Torre a Sud-est.
Aunor mi aspetta, calma e pacata. Insieme a lei, altri due Prassici. Niente armi.
-Akar. Lieta che tu abbia risposto subito.-, dice. I Prassici accanto non muovono un muscolo.
-Il messaggio pareva importante.-, dico. La strega annuisce.
-Come sai, abbiamo un notevole quantitativo di sentenze da emettere. I Dredgen sono stati esiliati, i più pericolosi hanno conosciuto il Fuoco Prassico.-, inizia, -Ma c’è un caso che non possiamo giudicare alla leggera e che ci sta costando tempo e personale.-.
-Neyma Vas.-, dico io.
-Già. È una Cacciatrice leale, nonostante fosse una Dredgen e non si è difesa. Tutto ciò ci mette in una situazione difficile.-, spiega Aunor, -Se l’assolvessimo potrebbe sembrare che l’Ordine si sia ammorbidito nelle sue sentenze, se la condannassimo… probabilmente commetteremmo un errore. Grave.-. Annuisco.
-Le tue parole di ieri notte mi hanno fatto pensare.-, ammette la strega. –Così abbiamo optato per l’esilio, ma senza privarla della Luce o altro.-.
-Tuttavia non ti fidi appieno di lei.-, dico io.
-Chi è stato toccato dall’Oscurità…-, la strega si ferma, improvvisamente a disagio.
-Già. In ogni caso, mi hai chiamato. Quindi hai un’idea.-, deduco.
-Una specie.-, ammette lei, -Ma ho bisogno del tuo contributo. Del tuo aiuto.-.
Hangar della Torre.
Neyma Vas conserva un’aria calma e dignitosa. Anche dopo la sentenza. È da ammirare.
Osserva la nave che l’Avanguardia le ha concesso di utilizzare, una banalissima nave da esplorazione. A parte quello il suo armamento le è stato restituito. I suoi fondi invece hanno subito un notevole taglio: da 91'033 Lumen, se ne ritrova solo 30'000. L’hanno chiamata “multa”, sebbene forse le sembri ben peggio. Sospiro. Ovvio. I Prassici hanno voluto chiarire le cose. E Neyma non si è opposta. Ha accettato le conseguenze delle sue azioni. Umile.
-Neyma.-, chiamo. Lei si volta. Sorride.
-Un ultimo addio?-, chiede, -I Prassici hanno deciso. Esilio.-. Annuisco. Lo so.
-Sono stati clementi. Mi aspettavo ben di peggio.-, dice. Annuisco di nuovo. Ecco, ora è difficile.
-Neyma…-, inizio. E se rifiuterà? E se dirà di no? E se mi schernirà? Dubbi. Tutti dubbi.
Abbattere mille Caduti è più facile che affrontare quella conversazione.
-Sì?-, chiede lei. Io inspiro. O tutto o niente. Ora.
-Vorresti entrare… nella mia squadra?-, chiedo. Lei mi fissa.
-E di quanti sarebbe composta, la tua squadra?-, chiede.
-Beh… uno solo. Al momento. Ma non ho mai sentito il bisogno di altri. Sino ad ora.-, dico.
-Non puoi proprio stare senza di me, vero?-, chiede. Sorride.
-È una malattia, temo.-, dico io sorridendo.
-Allora forse dovremmo andare in quarantena, entrambi.-, dice. Si avvicina alla nave.
-Sulla Bright c’è spazio per entrambi.-, dico. La cacciatrice pondera. Annuisce.
-Tu lo sai che potrebbe finire male, vero? Non sono una che lega facilmente. Neanche con i Cacciatori. E… sono forse troppo avvezza alla solitudine.-, mi avverte. Io sorrido.
-È il fardello di quelli come noi. Passare anni, decenni da soli. Per poi renderci conto che quella stessa solitudine, per piacevole che sia, ci divora.-, dico. Lei annuisce.
-E tu proporresti questo? Una squadra di due Cacciatori?-, chiede.
-I due più tosti in circolazione.-, sottolineo io. L’insonne sorride.
-Sappi che non rallento.-, dice, -E che non mi fermo. E che non obbedisco agli ordini.-.
-Ti aspetti veramente degli ordini?-, chiedo. Neyma ride. È bella. Di una bellezza diversa.
-Allora ci sto. Ma lo sai che sono esiliata, vero?-, chiede.
-Ed è questo il vantaggio… Ora, ho sentito che la ZME è piena di Corrotti e Caduti vari.-, dico.
Saliamo a bordo, e dopo pochi minuti, decolliamo.
Mentre partiamo, rifletto sul fatto che alla fine la linea tra Luce e Oscurità è sottile. Camminare su quella linea è difficile, quasi impossibile. L’averlo fatto non mi fa sentire migliore di altri. Non mi nobilita in alcun modo. E per uno che ce la fa, mille cadono nell’abisso.
In questo mondo di luci e ombre è facile cedere. Fede o ragione, tutti abbiamo bisogno di credere, di credere che ciò che stiamo facendo sia giusto, che non falliremo.
E che il prezzo della vittoria non sia troppo alto. Che non implichi oltrepassare un punto di non ritorno, diventare ciò che stiamo combattendo.
Guardo Neyma e penso che non sono solo. Che finché lei guarderà le mie spalle io guarderò le sue e mi assicurerò che non ricada nell’abisso che entrambi abbiamo conosciuto.
E tanto mi basta. Ecco, in cosa posso riporre la mia fede.
Il mio braccio, il mio cuore e la nostra squadra. Un branco di due lupi.
Due luci in una galassia oscura, in un oceano di ombre.