Le ombre.
Incubi fatti carne. Sentimenti resi tangibili. Oscurità fattasi materia.
Inconsciamente, li guardo affascinato formarsi in una bolla la cui improvvisa esplosione li rende manifesti. Eccoli. Sono poco più che ombre ma, sento, so che sono tangibili.
Mi osservano mormorando o parlando apertamente in una lingua ignota.
Li osservo a mia volta, consapevole che una sola distrazione segnerà la mia fine.
Passato e futuro mi si dissolvono attorno. Resta solo l'adesso.
E l'adesso sono io, loro e la sensazione dello scontro imminente.
L'adesso é il potere che mi sento dentro e la paura che usandolo attirerò l'attenzione di minacce maggiori. L'adesso é la consapevolezza che non me ne frega nulla.
-Balliamo.-, sussurro io. Estraggo un coltello dal fodero fissato alla cintura. Un coltello Tanto.
Stringo il manico in gomma. E avanzo verso i nemici mentre loro avanzano verso di me.
Schivo un artigliata dal primo e colpisco con un fendente. Colto a quello che dovrebbe essere il collo, l'essere si disgrega in una sprale inversa di tenebra. Il secondo di quegli esseri mi attacca subito. Balzo all'indietro con una capriola e ritorno in piedi. Schivo un secondo attacco e colpisco, trapassando quell'essere al petto. Altro nemico che scompare. Un terzo giunge.
È più... consistente degli altri. Come se fosse più forte, o più evoluto.
E difatti, quando il mio coltello lo trapassa, si limita a ringhiare. Il suo contrattacco taglia la veste sul petto e la pelle sottostante, sfregiandomi la carne del torace.
-Ok. Tu devi essere quello bravo.-, dico. I graffi fanno male ma non sono letali. Dolore fisico sommato al dolore di un'epifania agonica spirituale.
Ma lo possono diventare, specialmente se quel bastardo approfitta della mia sofferenza per colpirmi di nuovo. Cosa che ovviamente fa. Schivo, ma a stento. E faccio quello che non dovrei fare. Lancio il coltello. L'arma colpisce il mio nemico sul braccio. E con mio orrore, lui si strappa il coltello dal corpo e lo scaglia nell'abisso dietro di sé.
È finita. Possi schivare e combattere finché voglio ma quell'essere mi ucciderà.
E come se si nutrisse della mia disperazione lo vedo ingrandirsi, crescere.
Ride mentre si avvicina. Cerco disperatamente una soluzione.
Poi la vedo. Mi volto e corro verso l'altare. Canna, tamburo, i resti di un impugnatura.
-Sei già morto! Non lottare oltre. Sei indegno dei tuoi ultimi respiri.-, i sussurri, rieccoli.
Potenziati. Non hanno tutti i torti ma sarò indegno dei miei prossimi respiri solo se avrò perso. È così che funziona la logica di questo luogo.
Per battere quest'oscurità non basta semplicemente la luce. Non più.
C'é solo un modo. E se voglio sopravvivere, é il modo che devo adottare.
Stendo le mani sui pezzi d'arma. Sento il suono di una lama che taglia l'aria. Non é il fendente che mi ucciderà. Non ancora. Ma é vicino e devo muovermi, in fretta.
Raggiungo dentro di me il dolore, la consapevolezza dell'ira, della sofferenza.
E sorrido. Alzo lo sguardo. E chiamo a me il mio potere.
Improvvisamente, quando mi volto, nel mio pugno ho la pistola. Il calcio, il tamburo e la canna sono in osso ma il resto é fuoco puro. Il dualismo che si riduce all'uno.
Sorrido. Il grosso mi attacca. Stringe in mano una spada fatta di osso. Un'arma bizzarra, che praticamente é solo taglio. Alzo l'arma e sparo.
La spada va in pezzi. I Sussurri urlano, si lamentano. Io sorrido. Ora nel mio sorriso c'é un elemento di pura e semplice sicurezza.
-Non siete gli unici a potervi avvalere delle regole di questo posto.-, sibilo.
Quell'essere mi guarda. Mi attacca. Ancora vorrebbe reagire. Convoglio il mio potere nella mano destra e la pistola s'infrange, lasciando il posto a una lama violacea.
-La vostra regola é questa. Uccidere o venire uccisi. Distruggere per il potere. Non siamo diversi, io e voialtri. Ma la differenza sta nello scopo di tale potere.-, evito il colpo. Paro il successivo. I Sussurri continuano la loro lamentosa cacofonia.
-Cercate una forma che dipenda solo da sé stessa quando voi stessi dipendete da altro!-, esclamo mentre fendo l'aria davanti a me. La mia lama incontra la non materia di quell'essere che grida in agonia mentre muore.
-E per questo non vincerete.-, sussurro. Ora io sono la calma, e quei tizi, quegli esseri abominevoli sono la confusione, l'orrore. E improvvisamente, lo squarcio dimensionale si apre. Sorrido. Tempo di andarmene da questo regno che non mi appartiene.