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Su Akio

Mi piace scrivere recensioni, sono appassionato di doppiaggio e videogiochi, studio traduzione e scrivo per Gamesailors.it

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Akio

ha scritto una recensione su Biomutant

Cover Biomutant per Xbox Series X|S

Questo potrebbe l'inizio della fine. Di tutto.

Trovo che Biomutant sia un gioco davvero particolare. Non fa nulla di nuovo, nulla di innovativo, però è riuscito a catturarmi con il suo esistenzialismo rassegnato dall'inizio alla fine.
Per finirlo ci ho messo circa 16 ore e devo dirlo, non mi ha proprio mai annoiato, neanche per un istante.

Comprai Biomutant al lancio perché l'aspetto della creaturina sulla copertina mi catturò da subito. Sembrava un gioco davvero particolare, e difatti eccoci qui, a cercare di sviscerarne le caratteristiche.
Dunque, iniziamo dalla storia: Biomutant racconta una storia particolarmente intima. La storia di una creaturina, che siamo noi, esiliata da tempo immemore, che poi torna nelle sue terre d'infanzia da adulta e si riavvicina a tutti i suoi amici di quando era piccola, oltre che conoscere anche tutti i nuovi arrivati.

Il mondo di Biomutant è post-apocalittico, ma è un post-apocalittico in qualche modo credibile, plausibile. Il "Mondochefu" è stato completamente distrutto da una società capitalista che ha letteralmente demolito tutto ciò che aveva intorno inquinando tutto ciò che reputava utilizzabile anche solo per un istante, per questo motivo ciò che resta del mondo sta per annegare nella melma e nel catrame. L'unica speranza rimasta è un Albero gigantesco, chiamato "Albero Della Vita". Le sue quattro gigantesche radici stanno cercando di tenere il mondo vivo come meglio possono, ma le cose non stanno andando per il verso giusto. In primis perché ci sono quattro creature chiamate MangiaMondo che non fanno altro che cibarsi delle radici dell'albero; in secondo luogo perché c'è davvero troppa melma, e l'Albero non ha il tempo di filtrarla.
Come se non bastasse, gira voce che il pazzo omicida che ha ucciso i nostri genitori, tale Lupa-Lupin, sa della nostra presenza, e vuole finire l'opera. Insomma, il tempo è poco e le cose da fare sono tante perciò, in puro stile Zelda Breath of the Wild, c'è bisogno di rimboccarsi le maniche e aiutare ogni personaggio al meglio delle nostre possibilità.

Il gameplay di Biomutant è molto classico e non particolarmente approfondito: si tratta di un esplorativo con una grande prevalenza di oggetti lootabili e aperto alle scelte di dialogo, a tal punto che soprattutto a fine gioco saremo davvero pieni di cianfrusaglie da rottamare per potenziarci il più possibile.
Il combat system è molto basilare, anche perché il sistema di crescita del gioco non lascia tantissima varietà di combo. Bisogna un po' inventarsele, le combo, perché a parte la tipica X - X - Y c'è ben poco.
Ogni protagonista di Biomutant è diverso. Un po' perché puoi creare il tuo personaggio da zero combinando quindi forze e debolezze in maniere completamente personalizzate, un po' perché le armi che si trovano in giro possono essere completamente customizzate, quindi sarà molto difficile trovare due armi uguali. A questo, poi, si aggiunge il discreto arsenale di attacchi con il Ki, che vale anche come stamina. Gli attacchi con il Ki sono principalmente elementali, e li ho trovati molto utili soprattutto nella prima metà del gioco, finché non ho trovato armi e armature degne di nota.

Vi ho lasciato un po' di flash legati al gameplay perché, nonostante la sua semplicità, trovo che quello di Biomutant sia un loop sì ripetitivo, ma anche aperto alle interpretazioni creative di ognuno.
E' un po' come una pergamena intonsa: gli elementi sono gli stessi per tutti, ma ciò che si può fare dipende da quanto siamo disposti a scommettere. Questo si ripercuote anche sul sistema di karma dipendente dalle scelte fatte nel gioco, che a me è piaciuto davvero tanto. Sentire i commenti di ogni personaggio legati alle scelte fatte, specie sulle prime, lascia sicuramente sorpresi.
Ad esempio, dopo aver fatto anche solo una scelta negativa, un personaggio ha commentato il fatto dicendo che il mio cuore si è ingrigito anche solo per un attimo, e non sa se fidarsi. Insomma, son cose che a me piacciono tanto.

Oltre ciò, passiamo al lato tecnico: Biomutant usa abbastanza bene l'Unreal Engine 4. Molto meglio di Sonic Frontiers, per fare un esempio pratico. Tanto per cominciare, su Series X resta sempre stabile sui 60 FPS e presenta spesso tanti dettagli che a mio parere non sono per nulla scontati, come ad esempio il vento che scuote i peli dei personaggi, giusto per dirne uno.
Poi voglio seriamente spendere due paroline sulla localizzazione italiana di questo gioco, fiabesca, sognante e a dir poco geniale. L'utilizzo a dir poco sapiente di regole sintattiche appartenenti a lingue nate da poco per dare nomi agli oggetti mi ha fatto impazzire, così come mi ha lasciato sempre a bocca aperta la cura nel dettaglio dei nomi scelti per le aree. E' sempre stato sul pezzo, sotto questo punto di vista, ed è forse il lato più bello che mi farà ricordare Biomutant a lungo e con affetto.
Il narratore, Gianni Quillico, è stato incredibile. Dolce, sostenuto e dalla voce molto calda, mi ha davvero accompagnato mano a mano in ogni mia scelta, anche se a lungo termine c'è da dirlo, la ripetitività di alcune frasi si fa sentire un po'.
Ho anche apprezzato le piccole parti di Emanuela Pacotto e Massimiliano Lotti, che hanno coperto gli unici altri due personaggi dotati di voci comprensibili da orecchio umano.

Insomma, Biomutant m'è piaciuto, e m'è piaciuto pure tanto. Dall'esterno non è un gioco incredibile, anzi, è pieno di difetti, però io mi sono preso il tempo giusto per guardare tra le righe e scoprire un cuore pulsante che trovo che molti non abbiano colto, specie qui su Ludomedia. E' un grande peccato, a mio parere, ma questo è anche rappresentativo di come i gusti di ognuno possano influenzare profondamente l'idea che si ha di un videogioco.

Akio

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