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Bloodhound – Recensione

Tra un demone e un fucile a pompa, abbiamo realizzato la recensione del brutale Bloodhound. Questo FPS, che richiama lo stile dei classici anni '90, come DOOM, Quake e Painkiller, è stato sviluppato da Kruger & Flint Productions, che nonostante qualche critica ha portato il titolo su console. Azione e violenza a pacchi, in un boomer shooter di stampo decisamente classico.



Il male sta per essere evocato nel mondo, fermiamolo!



Bloodhound è ambientato in un mondo apocalittico, dove i giocatori devono affrontare un culto che cerca di evocare forze demoniache. Il protagonista è un membro dell'Ordine dei Guardiani dei Cancelli, incaricato di fermare il culto di Astaroth. La trama non è particolarmente elaborata, ma serve come un pretesto efficace per il caos e la distruzione che segue.



Definire la storia “minimale” è dire poco: a parte una serie di tavole disegnate a mano iniziali, non troveremo nessun'altra spiegazione alle nostre azioni. Tutto quello che sapremo è che potremo utilizzare svariate armi per prenderci cura delle demoniache creature che ci attaccheranno a ondate, in mappe di dimensioni variabili.



La pistola ne ferisce più della penna



Il punto di forza di Bloodhound è il suo gameplay frenetico e adrenalinico. Il gioco offre una campagna suddivisa in quattro atti, con vari tipi di nemici da affrontare: cultisti e demoni, ma non solo. Dovremo affrontare anche quattro boss, i classici “brutti e cattivi” pronti a mettere alla prova le nostre abilità. Fortunatamente avremo a disposizione un vasto arsenale: dieci tipi di armi che includono, tra gli altri, machete, lanciafiamme, fucili a pompa, railgun, balestre e lanciamissili.



Una delle armi più originali è una combinazione di motosega e lanciafiamme, che aggiunge un tocco unico e brutale al combattimento. Mentre alcune armi come il fucile a pompa e la motosega sono particolarmente divertenti da usare, altre, come il fucile d'assalto e la mitragliatrice, risultano meno soddisfacenti. Questo sbilanciamento nell'efficacia delle armi può influire negativamente sull'esperienza di gioco complessiva. Nemmeno la possibilità di usare dei poteri speciali cambierà questa sensazione, senza contare che la mira assistita si rivelerà molto ballerina, rendendo complesso soprattutto colpire i piccoli demoni volanti.



Il gameplay è altamente influenzato dai classici FPS, puntando su velocità, riflessi e precisione. I giocatori devono muoversi continuamente per evitare gli attacchi nemici e trovare i migliori angoli di tiro. Il design dei livelli è tale da incentivare questo stile di gioco, con mappe labirintiche e numerosi punti di interesse da esplorare. Peccato solo che l'intelligenza artificiale non sia esattamente brillante: spesso basterà mettersi fuori da una porta per falcidiarli tutti comodamente. Questo succede giocando a una qualsiasi delle tre difficoltà: la più alta offrirà comunque una discreta sfida agli amanti dei boomer shooter.



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Sangue di demone dappertutto!



Bloodhound utilizza l'Unreal Engine 4, che permette di creare un ambiente visivamente accattivante e dettagliato. Tuttavia, gli effetti di luce e le texture sono piuttosto grossolani, ma la resa complessiva è comunque piacevole. Lo stile ricorda quello di un gioco per PlayStation 2, sulla falsa riga di quanto visto anche per opere come Warhammer: Boltgun. Gli elementi visivi riescono a creare un'atmosfera opprimente e inquietante che si adatta perfettamente al tema horror del gioco. I modelli dei nemici e delle armi sono ben realizzati e ricchi di particolari, aumentando l'immersione nel mondo di gioco. Peccato per le censure alle nudità dei demoni su PlayStation, che rende tutto un po' strano e grottesco.



Dal punto di vista delle prestazioni, il gioco si comporta bene su PlayStation 5, con frame rate stabili anche nelle situazioni più caotiche. La fluidità del gioco è cruciale per mantenere l'intensità del combattimento e permettere ai giocatori di reagire prontamente agli attacchi nemici.



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Non tutto è perfetto…



Il più grosso problema di Bloodhound è la sua ripetitività. Sebbene il design dei livelli sia generalmente buono, abbiamo riscontrato una certa monotonia nelle missioni, con obiettivi e strutture che tendono a ripetersi. Inoltre, la difficoltà del gioco può risultare eccessiva in alcuni frangenti, soprattutto nei livelli più avanzati, dove la quantità di nemici e la loro aggressività aumentano notevolmente. Questi aspetti possono rendere l'esperienza frustrante e scoraggiante per chi non è abituato a un livello di sfida così elevato.



I poteri di cui vi abbiamo parlato, tra cui troviamo tra gli altri una forma demoniaca e i proiettili dorati, mitigano in parte la difficoltà. Inoltre la longevità contenuta fa sì che questa sensazione non renda il gioco troppo frustrante. Un aspetto positivo di Bloodhound è invece la colonna sonora, composta dai Sons of Amon. La musica rock, caratterizzata da riff di chitarra pesanti, accompagna perfettamente le sequenze di combattimento, amplificando la sensazione di adrenalina durante gli scontri con i demoni. Anche qui però basterà qualche ora per avvertire la ripetitività anche nella colonna sonora, che dopo qualche ora farà venir voglia di abbassare notevolmente il volume.



Trofeisticamente parlando: un bagno di sangue



Ottenere il trofeo di Platino in Bloodhound per PlayStation richiede impegno e dedizione, poiché include una combinazione di trofei legati al completamento della campagna principale, al raggiungimento di specifici obiettivi secondari e all'esecuzione di determinate azioni durante il gioco. Date un'occhiata al nostro elenco trofei per avere tutti i suggerimenti del caso.




L'articolo Bloodhound – Recensione proviene da PlayStationBit 5.0.

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29 luglio alle 17:00

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