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Gray Dawn – Recensione Speedrun

Gray Dawn, sviluppato e pubblicato da Interactive Stone, studio con sede in Romania, è un'avventura in prima persona che si colloca a cavallo tra generi differenti, sfidando ogni tentativo di etichettarlo in maniera univoca. Il risultato è un'esperienza intensa e disturbante, che invita a riflettere su temi complessi come la religione, il male e la natura stessa della realtà. Un'esperienza in cui il “terrore”, la religione e la psicologia si fondono in un intricato intreccio di misteri che vi trasporterà in un mondo onirico e inquietante, la cui storia viene raccontata tramite ricordi e illusioni.



Sospesi tra luce e oscurità



Mentre il terrore si manifesta attraverso momenti di follia, gore e repulsione nei confronti divini, il titolo vi immergerà in un viaggio psichico tra realtà e illusione. Ambientato in un remoto villaggio inglese degli anni '20, durante la vigilia di Natale, il gioco promette di esplorare il misticismo dell'Europa orientale.



Nel cuore dell'avventura avvolta nell'orrore e nell'incertezza, Gray Dawn, si presenta come un titolo che promette di trascinarvi nei recessi oscuri dell'animo umano. Un prete tormentato da accuse di omicidio, possessioni demoniache e apparizioni divine, intrecciano una trama che mette a dura prova la vostra percezione tra la colpa e l'innocenza e vi trasporterà in una realtà distorta dove la paura e la colpa si fondono. L'incipit della vicenda però si fonda sulla volontà del protagonista di raccogliere prove sufficienti a scagionarlo da queste accuse infamanti, ma ben presto capirete che si tratta solo di un pretesto. La storia, inizialmente lineare e ricca di elementi horror, assume presto una piega mistica, affrontando tematiche religiose con una prospettiva che mescola ortodossia, misticismo e satanismo.



Gli sviluppatori non si nascondono dietro scuse: si tratta di un titolo in cui parole come “blasfemia”, “religione”, “diavolo”, “inferno” e “paradiso” si fondono in un'unica esperienza videoludica, e non è assolutamente esagerato. I toni narrati in Gray Dawn rispecchiano esattamente queste parole, proponendo quindi un viaggio nella fantasia di Padre Abraham, che lo vedrà attraversare paure, riti religiosi più o meno ammessi nella sfera ecclesiastica e tantissimi riferimenti appartenenti ai quadri dell'inferno, dell'esorcismo e dell'evidente blasfemia.



In questo viaggio emotivamente molto forte per il protagonista, dipinto come un horror psicologico in piena regola, c'è anche spazio per una buona dose di misticismo che si prende il compito di spiegare, se non addirittura giustificare, tutto quello che andrete a vivere nei panni del malcapitato prete. Queste premesse vi porteranno in un horror in prima persona come in realtà se ne sono visti parecchi sul mercato negli ultimi tempi. Lo stile ricorda quello di opere come Amnesia o, più recentemente, Devil Inside Us: Roots of Evil.



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Uno sguardo al gameplay e al comparto tecnico



Dal punto di vista di gameplay, Gray Dawn si presenta come un'avventura in prima persona piuttosto lineare, in cui non dovrete fare altro che avanzare e superare qualche semplice enigma ambientale. Non c'è alcuna forma di game over, non ci sono veri e propri collezionabili, se non alcuni santini, e non è particolarmente pauroso nonostante si etichetti come “horror”.



La componente esplorativa rappresenta un viaggio attraverso ambienti meticciati di suggestioni e simbolismi religiosi, dai corvi che gracchiano sulle guglie delle chiese a ombre che danzano lungo le pareti di corridoi antichi, in cui ogni dettaglio è curato con attenzione per creare un'atmosfera densa e inquietante.



Il cuore pulsante dell'esperienza di gioco è tuttavia rappresentato dagli enigmi teologici, pullulanti di simboli e riti religiosi, che vi richiederanno di cercare prove e soluzioni. L'interpretazione di testi sacri, la sequenza di passi per rituali e la connessione tra figure del Cattolicesimo diventano un vero e proprio rito virtuale, coinvolgendovi nella trama e integrandovi nel misterioso mondo circostante. Tuttavia, la complessità di questi enigmi potrebbe risultare molto meno impegnativa del previsto, mancando di una sfida significativa nella ricerca della soluzione.



Con una formula tanto semplice, è intuitivo pensare che la longevità non ecceda le 2-3 ore al massimo, e in effetti la durata corrisponde a quella, senza possibilità di rigiocabilità significativa, a meno che non si desideri esplorare i due finali che il gioco offre. Considerando che si tratta di un titolo indie con un budget limitato, il comparto tecnico non va oltre un giudizio di “sufficiente” per quanto riguarda la grafica e il sonoro. Tuttavia, merita una menzione speciale l'ispirazione artistica, che mette in risalto i momenti salienti della narrazione, i rituali e i messaggi che il gioco intende trasmettere ai giocatori.



Segnalo inoltre che la mancanza di una traduzione in italiano potrebbe rappresentare un problema significativo per alcuni giocatori, soprattutto considerando l'importanza della narrazione scritta nel contesto del gioco.



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Il Platino di Gray Dawn



Il Platino di questo gioco è veramente semplice e non vi richiederà più di 3 ore per il suo raggiungimento. Molte delle coppe le guadagnerete solamente giocando, andando avanti con la trama e risolvendo gli enigmi che il gioco propone. Ci sono da raccogliere poi alcuni collezionabili, ma si riescono decisamente a trovare senza guida e senza fatica alcuna. Il titolo presenta 2 finali disponibili, uno negativo e uno positivo e ognuno di essi vi regalerà un trofeo. Per innescare il finale buono dovrete solamente raccogliere tutti i santini, che sono in pratica i collezionabili del gioco.



Se siete giocatori che non hanno voglia di rifarsi più run però, segnalo che è possibile non raccogliere volontariamente l'ultimo santino, per innescare così il finale cattivo, e poi semplicemente ricaricare dal capitolo in cui avete lasciato l'ultimo collezionabile, per poi rifarvi solo gli ultimi passi, che vi porteranno dunque al finale alternativo. DLING!




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12 luglio alle 17:00

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