Deathbound – Recensione
Negli ultimi dieci anni, il panorama dei videogiochi soulslike si è notevolmente espanso con titoli audaci e innovativi. Questi giochi hanno saputo conquistare un posto speciale nel cuore degli appassionati grazie a caratteristiche distintive sempre più evidenti. Esempi notevoli sono l'evocativo Lies of P e il meno recente Thymesia. Anche Deathbound si propone per unirsi a questa crescente collezione di titoli ambiziosi. Il piccolo team brasiliano di Trialforge Studio avrà raggiunto l'obiettivo di offrirci un'esperienza unica e di qualità? Scopritelo proseguendo nella lettura di questa recensione.
Fede e scienza
Come ambientazione, l'armonia tra elementi fantasy e sci-fi non è una novità, ma in Deathbound è eseguita con una freschezza visiva che stabilisce un'atmosfera unica e solida. Il gioco si svolge nel mondo post-apocalittico di Zieminal, dove crociati medievali e maghi tecnologici si contendono il dominio. La battaglia però si infiamma ad Akratya, una città antica con aree in rovina, quartieri moderni in stile “terrestre” e settori all'avanguardia della tecnologia. Deathbound dipinge la Chiesa della Morte e il Culto della Vita in termini chiari e diretti, pur tessendo una trama abbastanza intricata da invitare il giocatore a immergersi profondamente nell'esplorazione del gioco.
In Deathbound, a differenza della maggior parte degli esponenti del sottogenere, la trama gioca un ruolo centrale e cattura l'attenzione del giocatore fino alla fine. Questo accade nonostante l'inizio del racconto possa sembrare un cliché già visto, quello dello scontro tra fede e magia. Il world building poi è altrettanto affascinante, delineato non solo attraverso descrizioni dettagliate dell'ambiente, ma anche attraverso i flashback dei personaggi e i loro dialoghi, che sono particolarmente originali.
La narrazione esplora temi di peccato e redenzione, ponendo il giocatore di fronte a dilemmi morali e decisioni difficili in un mondo dove il concetto di giusto e sbagliato è spesso sfumato. Il giocatore assume infatti il ruolo di un esperimento di ricerca della vita eterna, una figura tanto maledetta quanto fondamentale.
Gameplay e Legami
Deathbound si distingue per il suo innovativo sistema di gioco. Il fulcro è rappresentato dal meccanismo di legame, che permette ai giocatori di incorporare l'essenza dei combattenti sconfitti. Questi ultimi, una volta battuti, trasformano la loro essenza in un insieme di poteri e competenze che possono essere fusi nell'arsenale del giocatore. Tale dinamica offre un'ampia libertà di personalizzazione del personaggio e di composizione della squadra, influenzando significativamente il gameplay attraverso le capacità e i tratti distintivi dei guerrieri assimilati.
Il concetto di “morfattacchi” aggiunge un ulteriore strato di profondità: utilizzando le sinergie tra i poteri acquisiti dai guerrieri caduti, i giocatori possono scatenare attacchi formidabili che introducono nuove tattiche di combattimento. Queste manovre, oltre a essere visivamente impressionanti, necessitano di strategia e precisione per essere sfruttate efficacemente contro avversari sempre più impegnativi.
Immergersi nell'universo di Akratya significa intraprendere un viaggio avvincente e articolato. Questa antica metropoli, intrisa di misteri e insidie, propone scenari diversificati: viuzze abbandonate, anfiteatri decadenti, templi dimenticati. Ciascun luogo è un intricato labirinto che mette alla prova le capacità dei giocatori, sollecitando prudenza e ingegno per navigare tra trappole e avversari.
Gli avversari in Deathbound incarnano i vari aspetti del dolore umano, conferendo agli scontri un'intensità emotiva e tattica. Ogni battaglia è un esame delle competenze del giocatore e della sinergia del team, delineando un percorso di crescita che esige destrezza e strategia accurata.
Deathbound si presenta come un'avventura che fonde una trama intensa e misteriosa con meccaniche di gioco innovative e coinvolgenti. Questo gioco, grazie al suo contesto originale, al meccanismo di fusione e alle prove ardue, promette un'esperienza che è al contempo stimolante e appagante. Coloro che sono alla ricerca di un racconto coinvolgente e di un gameplay che richiede tattica e strategia, scopriranno in Deathbound un viaggio degno di essere compiuto.
Progressione del gioco
Il sistema di progressione del gioco si articola attraverso un albero delle abilità condiviso da tutti i personaggi e miglioramenti passivi unici per ciascun personaggio, ottenibili tramite oggetti da collezione connessi ai loro ricordi, elementi cruciali per la trama. Un altro elemento peculiare poi è la libertà di selezionare i compagni per l'avventura. Con l'espansione del gruppo, si impone la scelta di chi escludere, tenendo presente che l'assenza di un personaggio comporta l'impossibilità di accedere ai suoi ricordi e ai bonus correlati. Inoltre, formare una squadra con membri della stessa fazione assicura vantaggi specifici, mentre l'associazione di personaggi di fazioni rivali introduce penalità ma anche la possibilità di incrementi significativi nei danni inflitti.
Uno sguardo al comparto tecnico
Pur presentando ottime idee di gameplay, Deathbound soffre di alcune lacune tecniche che possono compromettere l'esperienza di gioco, trasformando le sfide in fonti di frustrazione. Tra le problematiche maggiori si annoverano le hitbox di alcune entità e boss, che risultano poco precise e rendono inefficaci certe manovre evasive.
La decisione di rendere attive le collisioni per ogni elemento in gioco poi, genera complicazioni nelle aree più anguste, rendendole impraticabili per certi personaggi. Ad esempio il crociato, il cui spadone tende a colpire le pareti piuttosto che gli avversari. Un ulteriore punto critico è l'incapacità del sistema di sostituire un comando con uno più recente, generando frustrazione in un titolo che esige cambi rapidi tra i personaggi in piena azione. Non è chiaro però se tale scelta sia deliberata o derivi da un problema tecnico. Quel che è certo è che le prime fasi di gioco richiedono un considerevole sforzo di adattamento, persino per gli esperti del genere soulslike.
Sebbene non raggiunga l'eccellenza grafica delle produzioni di alto budget, questo gioco si distingue per una realizzazione visiva di tutto rispetto e una cura del dettaglio che ne attestano la qualità. La varietà cromatica si adatta a ciascuna area di gioco, arricchendola di sfumature e particolari visivi unici, nonostante l'architettura di base tenda a ripetersi attraverso le diverse mappe. Questo approccio conferisce al gioco un'estetica coerente e riconoscibile, pur nella sua ripetitività strutturale.
Un aspetto particolarmente apprezzato di Deathbound, che spesso manca nelle produzioni indie ispirate ai soulslike, è l'inclusione del doppiaggio. Anche se la qualità non è eccellente, la sua presenza è comunque significativa. Le scene di introduzione delle Essenze sono rappresentate attraverso immagini fisse; quindi, per chi preferisce esplorarle più tardi come testo, c'è la possibilità di saltarle. D'altra parte, le altre scene e i dialoghi con i vari NPC sono completamente doppiati. Un dettaglio che arricchisce l'esperienza auditiva e contribuisce a vivacizzare l'universo di gioco.
La strada verso il Platino
La collezione di trofei di Deathbound comprende un totale di 35 coppe, ripartite in 16 di bronzo, ben 14 d'argento, 4 coppe d'oro e il prestigioso Platino. Quest'ultimo non è dei più semplici ma nemmeno così complesso. Avrete bisogno di 2 run per arrivare a prendere diversi trofei riguardanti i collezionabili e la visione di vari finali! Potrete fare anche qualche backup tattico, ma comunque vi toccherà fare una mezza run in più per sbloccare tutti i talenti di un personaggio. In termini di ore il completamento di questo viaggio, si aggira intorno alle 50, al netto ovviamente alla vostra abilità nel combattere alcuni boss un pochino più ostici!
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