Rise of the Ronin – Recensione
C'è un momento durante le prime ore di Rise of the Ronin che racchiude almeno in parte la sua essenza. Il capo di una banda criminale viene inquadrato in lontananza mentre uccide uno dei suoi sgherri per avergli mancato di rispetto. Gonzo, questo il suo nome, mi scorge dalla distanza; comincia il combattimento. Dopo una serie di sfilettate e colpi di pistola, questo ultimo si trova a terra supplicante. L'arena dello scontro è una costruzione in legno posta sulla cima di una collina e senza parete alcuna, dando la libertà di posare lo sguardo su Yokohama, in basso, e sul monte Fuji, all'orizzonte. Un colpo ben assestato e il nemico cade a terra, dopodiché prendo il suo bottino e con l'aliante mi lancio alla volta della città e dell'avventura.
Da una parte l'esclusiva PlayStation 5 targata Team Ninja e Koei Tecmo prova sin da subito la cura e il rispetto per i dettami del Bushido Shoshinshu, il Codice del Guerriero giapponese che alla metà del XIX secolo si trovava in una crisi da cui non sarebbe più uscito. Dall'altra, palesa tanto il talento dello studio nei gameplay action in tempo reale, quanto le sue abilità meno d'impatto in fatto di tecnica pura.
La trama di Rise of the Ronin
Chi è un Ronin? Letteralmente significa “uomo onda”, sottolineando la libertà di questi ultimi di andare dove volessero, come un corso d'acqua. Ciò accadeva per ragioni tutt'altro che positive, riguardando infatti il tradimento o la perdita del proprio signore. All'epoca dell'imperatore Meiji il titolo di samurai e conseguentemente quello di Ronin vennero aboliti, seppure nello stesso XIX secolo di Rise of the Ronin vari spadaccini ripresero le armi, mossi dalla voglia di scacciare lo straniero.
Lo straniero è l'Occidente, che nel gioco di Team Ninja è rappresentato in prima istanza dalle navi nere del commodoro della marina statunitense Matthew Perry. L'anno è il 1853 e il suo approdo alla baia di Edo (l'odierna Tokyo) è il primo passo verso la fine dell'isolazionismo giapponese durato due secoli. Il dissenso verso l'accordo tra USA e Giappone ha però convinto molti guerrieri nipponici a ribellarsi con le armi, fra cui un clan della regione di Hokuriku che, stanco del regime dello shogun, comincia segretamente ad addestrare dei combattenti specializzati nell'assassinio e nello spionaggio, con il preciso intento di rovesciare il dominio dei Tokugawa.
Contesto storico
Venuti a conoscenza di un trattato segreto tra lo shogunato e gli Stati Uniti d'America, gli anziani dei Kusosu decidono dunque di inviare due Lame velate verso il porto di Yokohama, con l'obiettivo di abbordare le navi nere degli occidentali, rubare i documenti dell'accordo ed eliminare il commodoro. Modellati due avatar tramite un editor piuttosto prodigo di possibili modifiche e appresi i rudimenti del gameplay (con un tutorial scarno fatto di schermate invasive e in ritardo rispetto al giocatore), ci lanciamo alla volta del nemico. L'operazione non va però come previsto, al punto da essere costretti a compiere una decisione difficile. Questa sarà solo la prima di una serie di scelte che decreteranno il nostro ruolo nella guerra e che, nel lungo periodo, si sono dimostrate funzionali e capaci di coinvolgerci maggiormente nella trama.
Alcune note stonate nella scrittura (oltre che nella localizzazione in italiano non sempre impeccabile, così come nel doppiaggio ora convincente ora straniante) e l'inevitabile diluizione del racconto dovuta alla vastità del sistema open world non mettono k.o. l'evidente e maggiore impegno di Team Ninja profuso in questa componente a confronto con il loro più recente passato. Rispetto al fantasy di Nioh per esempio, Rise of the Ronin poggia su un contesto storico realmente esistito e nonostante qualche licenza poetica, si mantiene sempre coerente. Il merito è anche dei personaggi secondari ben caratterizzati, in primis il samurai Ryoma Sakamoto, che ci aiuterà nella nostra guerra contro il potere.
Il gameplay di Rise of the Ronin
Il sistema di combattimento di Rise of the Ronin è il suo fiore all'occhiello, ponendosi come picco di un percorso evolutivo iniziato nel 2017 con il già citato Nioh e proseguito per la Cina di Wo Long: Fallen Dynasty. L'ultima fatica di Team Ninja rielabora infatti molti elementi dell'uno e dell'altro, modellandoli su uno schema fatto ancora di fendenti, parate, schivate, contrattacchi e tecniche speciali. Se in fase offensiva queste ultime si palesano in due attacchi distinti che, a seconda del nemico di fronte, possono essergli letali o di contro favorevoli, per quella difensiva deviare i colpi avversari è fondamentale per avere la meglio.
La parata perfetta consente di sbilanciarli, abbassando l'indicatore Ki – la resistenza, in dotazione anche al Ronin che pertanto deve stare attento a giocare di parate e colpi continui – e aprendoci la strada verso una catena di ghigliottinate mortali, con la possibilità di velocizzare l'azzeramento di tale barra a seconda dell'arma impugnata.
Qui si inserisce la complessità del sistema di personalizzazione del protagonista, poiché a ogni spada (tra lance, sciabole, doppie spade, katane) possono essere due diversi “stili”, scelti i quali cambieranno le tecniche marziali associate, con cui arrecare più danni. Non solo, maggiore sarà il tempo speso in compagnia di un'arma, maggiore sarà la sicurezza e di conseguenza la maestria con la quale usarla, potendone imbracciare due da intercambiare a piacimento. Da non dimenticare poi il Guizzo di lama, una tecnica che, eseguita con il giusto tempismo al termine di una raffica di colpi, permette di recuperare almeno un pizzico di Ki, assieme alla possibilità di creare build differenti grazie a pezzi di armatura completi di bonus vari.
Combattere nel proprio stile
Questo e gli altri punti sopra descritti, formano il quadro di un sistema votato all'offensiva, viste inoltre le armi ottenibili da tante missioni secondarie e il rampino da sfruttare sia per raggiungere delle altezze, quando segnalate, sia per lanciare degli oggetti ai nemici, o loro stessi: il tutto è corroborato da quattro rami di potenziamento distinti tra forza, intelletto, fascino e destrezza. I punti abilità richiesti per riempirli vengono offerti in modo abbastanza generoso anche dalle attività che costellano il mondo di gioco e, assieme alle bocche di fuoco giunte dall'Occidente, mostrano il fianco a una difficoltà tarata per un pubblico più vasto, specie con un'intelligenza artificiale che fa scappare i nemici oltre una certa distanza e non li ha preparati ad alcuna risposta ad hoc per gli attacchi furtivi.
Team Ninja ha programmato i suoi soldati per servire un certo tipo di game design insomma, cercando un compromesso con il suo primo gioco a mondo aperto. Non mancano in ogni caso delle sfide concitate anche al livello di difficoltà Normale, con per esempio dei ladruncoli o samurai ostici da battere. A questo proposito, il debutto dello studio con questo approccio al level design e al map design è riuscito in maniera discreta, con gli oggetti da collezionare (in questo caso dei gatti da abbracciare), i campi da liberare, le gare di abilità e le richieste dei personaggi non giocanti che costellano pianure, colline, zone più rocciose e spiagge. Le missioni, anche quelle principali, non brillano per originalità, ma al contempo richiedono di sporcarsi quasi sempre le mani – e dopotutto da Ronin questo sappiamo fare.
Un Sol levante un po' grezzo
Non è un'impressione di alcuni giocatori che si sono fatti sentire sul web: Ghost of Tsushima ha rappresentato un punto di riferimento nella creazione di Rise of the Ronin; a dichiararlo è stato un rappresentante di Team Ninja, esplicitando una vicinanza con il titolo di Sucker Punch, almeno a un livello prettamente stilistico e della costruzione della sua mappa. Invero, gli autori di Nioh si sono poi distinti ora per il sistema di combattimento, ora per il contesto storico (ben più vicino ai nostri giorni) che alle fortezze lascia spazio a delle vere e proprie città industriali, seppure immerse nella natura giapponese.
Se il lato puramente artistico si difende tutto sommato bene, a fronte di zone piatte o ripetute, quello tecnico e grafico si espone invece a un secco colpo di katana. Ora l'illuminazione, ora i modelli e le animazioni dei personaggi (con qualche discreta eccezione come con Ryoma) e ancora la resa degli ambienti, appaiono al di sotto del panorama tripla A odierno. Di contro, l'ottimizzazione è stata evidentemente svolta in maniera precisa, non avendo riscontrato alcun problema di sorta.
Infine, l'accompagnamento sonoro ci immerge in maniera ancora più profonda nel Giappone della metà del 1800, con delle tracce evocative rispetto a questo contesto storico e narrativo.
Trofeisticamente parlando: storia, multiplayer e uccisioni sono l'ascesa del Ronin
La lista di Rise of the Ronin consta di 39 trofei di bronzo, 9 d'argento, 2 d'oro e l'agognato Platino, per un totale di 51 obiettivi da sbloccare. L'elenco, già disponibile sul forum PlayStation Bit, vede alcune coppe legate alla trama, mentre altre riguardano il comparto multiplayer online del gioco (il quale sembra promettere un'ulteriore dose di divertimento, ma che prima del lancio ufficiale del titolo è difficile da valutare). Altre ancora sono legate alla progressione del giocatore singolo, tra uccisioni da compiere e livelli da superare. Insomma, una caccia piuttosto corposa che però ben si accompagna alla mole di contenuti proposta da Team Ninja.
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