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Alone in the Dark – Recensione

Negli anni d'oro dei remake, si sono già viste diversi titoli cult riportati a nuova luce. Da Resident Evil, che ha svecchiato quasi tutti i capitoli della saga, a Final Fantasy VII, passando per Spyro e Crash Bandicoot, fino ad arrivare a Silent Hill 2, ancora in cantiere presso Bloober Team. Di certo, tra i titoli che più si sono “rifatti” figurano gli horror, ma ce n'era uno, definito il padre di tutti i survival horror, che non era stato ancora toccato. Fino ad oggi, almeno.



Alone in the Dark, titolo cardine del genere uscito nel lontano 1992, è finalmente ritornato per buona grazia di THQ Nordic che si è fatta carico di questo sviluppo. Di nuovo nei panni di Edward Carnby ed Emily Hartwood ci siamo addentrati nel tetro Derceto Manor, pronti a scoprirne i misteri. Sarà, questo remake, pronto a riprendersi il titolo di “padre dei survival horror” di nuova generazione?



Il culto: Alone in the Dark



Ambientato in Louisiana nel 1924, Alone in the Dark metterà il giocatore nei panni del detective Edward Carnby o della sua mandante, Emily Hartwood. Trentadue anni dopo l'uscita del titolo originale, questa volta vedremo i protagonisti interpretati da due attori d'eccellenza come David Harbour e Jodie Comer.



I due, diretti al Derceto Manor, casa di riposo per ospiti problematici, avranno come obiettivo il ritrovare lo zio di lei, Jeremy Hartwood, sparito nel nulla senza lasciare traccia. Proprio come nel titolo originale, prima di muovere i primi passi nel gioco si dovrà scegliere chi interpretare durante l'avventura e prendere strade totalmente differenti, salvo incrociarsi in alcuni punti della trama.



Con l'abile direzione di Mikael Hedberg, sapiente penna che ha contribuito allo sviluppo di Amnesia e Soma, il giocatore seguirà una storia figlia di Lovecraft con continui riferimenti all'occultismo e ai miti di Cthulhu, sequenze oniriche e bislacche, degne di un film horror cult di fine anni '80.



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Sognando Resident Evil



È indubbio, già dai primi passi fatti controller alla mano, che Alone in the Dark più che padre, oggi, sia un figlio dei remake che hanno già fatto scuola, maggiormente i vari Resident Evil. Pescando a piene mani dal lavoro svolto da Capcom, ci ritroviamo davanti ad un titolo che, sì, era necessario rispolverare, ma che sembra aver perso parte della sua importanza e del suo carattere dal punto di vista del giocato.



Di nuovo telecamera in spalla, letteralmente, solita combinazione di grilletti per prendere la mira e sparare, una sorta di nemico stalker da cui fuggire ed enigmi ambientali che richiamano ai classici. Seppur questa sia una combinazione perfetta per il giocatore moderno, sembra inadatta alla storia e all'importanza che si porta dietro Alone in the Dark. Teniamo anche ben in considerazione che, ai tempi della stesura di questa recensione, il gioco soffre anche di piccoli problemi relativi a glitch grafici, input lag e po' di sbilanciamenti generali da parte dei nemici e della loro IA. Tutto questo, sicuramente, non fa fare bella figura allo studio di sviluppo interno a THQ Nordic. Ci auguriamo però che con il lancio effettivo del titolo questi problemi minori vengano risolti.



Durante le partite, infatti, non sarà raro ritrovarsi incastrati in oggetti invisibili, essere colpiti a metri di distanza o morire semplicemente perché non si è in grado di schivare o reagire. Discutibile anche la presenza di alcune sezioni stealth, che finiranno sicuramente nella rissa totale tra voi e i mostri della zona. Questi piccoli problemi diventeranno ancora più evidenti nelle fasi di fuga dall'Uomo Nero, figura che vi perseguiterà in alcune fasi del gioco, pronto a sparire e riapparire quando meno ve l'aspettate. Non è realmente bello restare intrappolati non per propria volontà e quando non si capisce cosa sta succedendo sullo schermo.



Alone in the Dark non doveva essere assolutamente Resident Evil 4, data la sua importanza nel piano culturale, ma sicuramente meritava uno sviluppo migliore. Forse, prendere ancora più ad esempio dalla punta di diamante di Capcom avrebbe reso più giustizia al titolo originale.



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Da solo nel buio



Se dal lato gameplay, Alone in the Dark non brilla particolarmente, resta comunque indubbio e grandioso il lavoro fatto dal team di sviluppo della parte grafica e audio. Il Derceto Manor, le ambientazioni di gioco al di fuori della struttura, i protagonisti e gli altri personaggi, tutto sarà caratterizzato da dettagli disumani. David Harbour si presta egregiamente a Edward Carnby e alla sua nuova versione: un detective degli anni '20, con problemi di alcool, sciatto e trasandato. Continui saranno i richiami al suo personaggio più famoso, Jim Hopper da Stranger Things, che ben si sposa con questa nuova visione del titolo di culto di Frédérick Raynal.



I vicoli di una cittadina della Louisiana, un cimitero, uno stabilimento di estrazione di petrolio, fogne, luoghi marci e putridi e la paura primordiale più antica del mondo: il buio, che adorna ognuno di questi luoghi e non solo. Il team di sviluppo ha avuto ben chiaro in mente il discorso di Alone in the Dark rendendo l'oscurità viva e pericolosa, quasi alla pari di quella di Alan Wake, inscenando fantastici giochi di luce e ombra e facendo sentire il peso di essere intrappolati al giocatore. E per quanto non possano essere intelligenti, ma solo ostici e potenziati dai piccoli glitch di cui sopra, va spezzata una lancia a favore dell'estetica di alcuni nemici, che sembrano usciti direttamente dalla mente di H.P. Lovecraft.



Durante le esplorazioni, che sia in villa o nei luoghi sparsi in giro per il mondo e partoriti dalla mente di Jeremy Hartwood, sarete sempre accompagnati da una fantastica colonna sonora che calzerà sempre a pennello con cosa state osservando sullo schermo. Derceto Manor sarà però il vero fiore all'occhiello. Anche se tra le sue mura sarete relativamente al sicuro, i suoni ambientali e i dettagli grafici vi faranno stare sempre sull'attenti, pronti ad estrarre l'arma al primo movimento strano.



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Gita al Derceto Manor



In conclusione, Alone in the Dark è un remake che si piazza bene tra i titoli già disponibili? Sicuramente sì, anche a causa del suo blasone. Per i neofiti sarà fantastico esplorare, in chiave moderna, ciò che ha dato gli albori ai titoli survival horror che furono e sarà bellissimo scoprirlo in compagnia di David Harbour e Jodie Comer.



Il titolo ha sicuramente dei problemi che vanno risolti, come i piccoli glitch e bug che, ripetiamo, essere attualmente presenti nella versione pre-lancio. La grafica, il sonoro, il richiamo a Lovecraft, ad un horror non fatto di jumpscare ma di pacing, mistero e costruzione ambientale, rendono sicuramente onore al gioco e un must-have per gli amanti del genere.



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Alone in the Dark: il Platino



Eccoci nella sezione più amata dai nostri lettori. L'elenco dei trofei di Alone in the Dark vi terrà particolarmente impegnati per circa 15 ore, e proprio come i più recenti Resident Evil, metterà alla prova il giocatore con speedrun e collezionabili. Oltre ai trofei legati alla storia, ci ritroveremo a combattere contro il terminare il gioco in più di otto ore e terminarlo in meno di tre. A questi due si aggiungono i trofei legati ai collezionabili, che vanno raccolti in due run differenti, impersonando Edward o Emily. Superate queste coppe, non vi resterà altro che sbloccare i trofei di miscellanea, come uccidere nemici con determinate armi o sottomettersi all'oscuro Uomo Nero. Alla fine potrete sfoggiare una nuova e scintillante coppa di Platino. DING!




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20 marzo alle 12:10