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Orten Was The Case – Recensione Speedrun

Avvinghiati nel loop di Orten Was The Case, ne siamo infine usciti vincitori per raccontarvi tutte le stramberie dei suoi sobborghi. Un po' rozzo nella presentazione quanto nella sua resa, il protagonista dell'odierna recensione Speedrun porta il nome di un solo autore, Oskar Thuresson, che nei suoi ritagli di tempo ha congegnato un progetto originale, carico di sincera passione.



Un circolo esplosivo



Svegliatosi un po' frastornato sul pavimento, Ziggy nota un messaggio scritto sulla sua mano, il quale riporta il nome di un amico e un luogo d'incontro. Adolescente sui generis, il protagonista si avventura allora fra le disordinate stradine di Orten, trovandosi invischiato in una catena di favori che mai avrebbe potuto immaginare che terminassero con un'esplosione.



Svegliatosi un po' frastornato sul pavimento, Ziggy nota un messaggio scritto sulla sua mano, ma una sensazione di déjà vu lo pervade. Se anche voi avete il sentore di una ripetizione, non preoccupatevi, siete incappati nel ciclo infinito di Orten Was The Case. La sua missione, se deciderà di accettarla, consiste nello scoprire il mistero che si cela dietro questo nodo temporale, oltre che in tutto il paese.



La storia orchestrata da Oskar Thuresson è composta da delle porzioni, da delle caselle di eventi che si incastrano tra di loro, attivandosi in maniera indipendente dall'operato dell'eroe. Tale frammentazione, tanto di narrazione quanto di gameplay, è meritevole di considerazione eppure inficia la godibilità della trama stessa, poiché ne risentono il ritmo e l'equilibrio della narrazione.



Un circolo giocoso



Arrivare tardi a un appuntamento, distrarsi dall'obiettivo principale mentre si pesca o si fa qualche tiro a canestro è infatti fatale, poiché costringe il giocatore a riavviare il loop, ovvero a ripartire da quella mattinata in stato di post sbornia temporale. Ciò comporta il ripetersi e il reiterarsi degli stessi, identici meccanismi.



Se da un lato gli sparuti commenti di Ziggy sulla sua situazione non invogliano a rivedere le medesime scene ancora e ancora, dall'altro la reiterazione è l'essenza di Orten Was The Case e la sua meccanica principale. Replicando quelle sporche ore, sarà possibile esplorare un angolo del sobborgo prima sconosciuto, o soprattutto ottenere indizi su indizi per risolvere i vari, seppure semplici enigmi per avanzare nel gioco.



Esistono degli oggetti che fungono da piccole scorciatoie e dei checkpoint, ma la sensazione prominente è che manchi una solidità e un'organizzazione a 360 gradi tra le azioni da compiere per innescare uno o un altro evento ed essi stessi. Nonostante ciò, il titolo propone una formula a suo modo intrigante che lo accomuna a nomi come Outer Wilds.



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Un circolo grottesco e salterino



Le due e tre dimensioni si mescolano in Orten Was The Case, lasciando emergere una profondità e un senso della prospettiva tali da celare gli oggetti con cui interagire. Si tratta di uno stratagemma che si combina in maniera tutto sommato efficace con i movimenti liberi di Ziggy, il quale può saltare e arrampicarsi su delle sporgenze.



Questa stessa caratteristica è sì distintiva del gioco, ma incappa in qualche problema di manovrabilità e di collisioni non volute con gli oggetti. La sporcizia del sobborgo d'ispirazione almeno in parte autobiografica e l'aspetto pittoresco quanto strampalato di ogni personaggio aggiungono un tocco di personalità ulteriore all'opera prima di Oskar Thuresson. Mancano quasi del tutto musiche e sound design, assenze che si fanno sentire.



Trofeisticamente parlando: un loop tira un altro



Tra un loop e un altro, agguantare i 17 trofei che compongono Orten Was The Case non sarà un'impresa impossibile. Spalmati tra 4 di bronzo, 3 d'argento, 9 d'oro e l'immancabile Platino, questi seguono quasi esclusivamente gli eventi principali della storia, escluso qualcuno dedicato a delle attività secondarie.




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5 dicembre 2023 alle 17:00