My Time at Sandrock – Recensione
Trasferirsi significa impacchettare in qualche modo la propria vita e crearne un'altra altrove, facendosi degli amici sul posto, cercando uno spazio dove rilass… Dove lavorare giorno e notte nella fatiscente officina per fare in modo che My Time at Sandrock sia speso a favore della comunità. Nuovo episodio, nuova campagna di Kickstarter conquistata con successo da Panthea Games, che dopo oltre un anno di accesso anticipato si è sentita pronta di aprire la biglietteria per chi voglia salire sul suo treno di sola andata; destinazione Sandrock.
Si lascia la verdeggiante Portia, ma il deserto dai connotati mesoamericani di questa seconda iterazione giunge su PlayStation 4 e PlayStation 5 (la versione analizzata) con quasi tutta la valigia di elementi del precedente, uno zaino da portarsi in spalla mentre si costruisce, si socializza, si combatte, si gioca. L'ultima fatica dello studio indipendente non vuole stravolgere né evolvere una formula che dalla raccolta fondi all'approdo su console ha trovato una sua cerchia di fan. Punta piuttosto offrire loro un nuovo spazio dove interpretare un'altra persona e incuriosire gli appassionati del genere simulativo avventuroso in generale.
Racconto nascosto, ma presente
Rispetto ai suoi modelli principi, ovvero Animal Crossing e Harvest Moon, il gioco di Panthea Games prevede un canovaccio narrativo e di world building che lo distingue. Trecento anni dopo la calamità che causò la distruzione della maggior parte delle tecnologie moderne, una sorta di città-Stato si adopera per tornare ai fasti passati in un mondo post apocalittico. Mentre Nintendo propone un curatissimo diorama e quello che oggi è noto Story of Seasons punta ad altro, My Time at Sandrock esibisce agli utenti una realtà già in essere.
Soprattutto, Sandrock attirerà più volenterosi tuttofare rispetto a Portia per via di una maggiore solidità del suo world building. Tanto le missioni di trama, quanto le traversate nei dungeon, gli incarichi secondari di vario tipo e le semplici chiacchierate con quello o quell'altro personaggio fanno sentire parte di una vero e coeso gruppo che cerca di risollevarsi dalle avversità.
Sporcarsi le mani con i dettagli
Bastano poche battute (e la creazione del proprio avatar attraverso un editor piuttosto stratificato per il genere) per trovarsi piccozza e pala tra le mani, con i nostri nuovi concittadini che ripongono grandi speranze e aspettative sul nostro operato. Così come bastano pochi minuti di effettivo gameplay per cogliere uno dei maggiori pregi di My Time at Sandrock, ovvero l'attenzione ai dettagli nell'ambito della pura meccanica. Riciclatori, smerigliatrici, fornaci, sono solo alcuni dei macchinari a disposizione del novello Sandrockese, il quale dovrà adoperarsi di volta in volta per reperire le risorse necessarie ad attivarli.
I menù di fabbricazione degli oggetti sono tanto stratificati – fornendo il minutaggio necessario e altri dettagli sugli stessi – quanto mal congegnati a un livello di presentazione, tra finestre a scomparsa molto importanti. Queste si incastrano con altre informazioni significative, dettagli che mancano, figure che si confondono tra di loro e scritte ben poco leggibili a causa di un contrasto cromatico poco studiato.
Reperire materiali significa sporcarsi le mani tra le zone limitrofe della città e nel mezzo del deserto. Rocce da spaccare, erbacce e altri vegetali da cogliere sono solo le prime testimonianze di un mondo da rifare attraverso il nostro sudore, ovvero consumando vigore. Questa statistica si ricarica ogni mattina (il ciclo giorno e notte segue quello reale) e sarà fondamentale gestirne il consumo fino al calar del sole.
Tra un'accensione e un'altra della fornace o di altri macchinari, è possibile guardare la bacheca cittadina per accettare un favore richiesto da uno dei compaesani, perlopiù fatti di percorsi monotoni da un punto di partenza a uno di arrivo per pescare rottami o altro. Nonostante ciò, è da apprezzare come il sistema di gioco premi la pianificazione giornaliera dei compiti, premiando l'utente con delle ricompense utili. A proposito però della notte e di stanchezza, non di sole fatiche vive il nuovo tuttofare di My Time at Sandrock.
L'importanza delle relazioni e dei combattimenti
Sandrock sarà pure in mezzo al deserto, ma i suoi cittadini sono tanti e vicini tra di loro. Numerosi sono i contatti che il giocatore può stringere nel corso della sua avventura (che per gli appassionati può raggiungere le 100 ore), ora scambiando quattro chiacchiere, ora preparando un regalo, ora sfidando le persone a un gioco di carte con delle meccaniche simili alla morra cinese.
Le possibilità per approfondire una relazione non raggiungono quelle dialettiche di The Sims, per esempio, o quelle in un certo senso manuali di Stardew Valley, ma rendono a ogni modo realistico il contesto, forte anche di personalità ben caratterizzate con tanto di voci uniche quanto particolareggiate.
Con altrettanta fatica come quella riporta nelle costruzioni, così le relazioni amicali possono diventare amorose e volendo sfociare in un matrimonio. Se il tempo speso con la dolce metà dovesse tuttavia farsi amaro, il giocatore può tradirlo, a patto di sopportare poi la gelosia del partner che eventualmente chiederà il divorzio.
Il tutto avverrà nella nostra casa, anch'essa personalizzabile tanto a livello di colori quanto di aggiunta di oggetti d'arredamento. Sono tutti elementi che arricchiscono l'aspetto sociale di My Time at Sandrock, contribuendo a immergersi nel suo mondo post apocalittico eppure dal sapore conviviale.
Non paga della compagine simulativa, Panthea Games ha innestato una componente da action GDR nel suo gioco, seppure in maniera molto superficiale. Il personaggio principale è in grado di saltare, rotolare e sferrare dei pugni quando non imbraccia degli strumenti che ne fanno delle armi vere e proprie.
Imparare a combattere permetterà di sopravvivere nelle missioni che richiedono di esplorare i dungeon in lungo e in largo, alla ricerca del bottino che nascondono. Questi ultimi presentano però un level design che si ricicla di continuo, abbassando non solo il vigore, ma anche il desiderio di addentrarsi in tali luoghi basilari nella loro realizzazione.
La sensazione è insomma che i combattimenti avrebbero potuto non fare parte di My Time at Sandrock in toto, senza per questo togliere punti a una produzione che si concentra e invece riesce in altro, cioè nelle dinamiche legate alle costruzioni e alla componente sociale.
Deserto grezzo
Un po' come il nostro avatar, che da zero deve costruire la propria casa, le proprie relazioni e la sua nuova vita, così il team di sviluppo è riuscito a cementare una nuova, ingente quantità di contenuti, di attività, sacrificando però il lato tecnico e grafico, almeno in parte. Non sono pochi i cali di frame rate in vari momenti del gioco, oltre a delle compenetrazioni tra i modelli in 3D e a dei lunghi caricamenti che, su PlayStation 5, dovrebbero tendere alla sparizione.
Il versante puramente artistico non riesce a compensare o a farsi aiutare da quello tecnico, palesando degli scorci poveri di dettagli (pur parlando di un'area desertica). A risollevare il tutto è la colonna sonora, che pare avere carpito le mancanze del passato, per offrire un insieme di tracce sì relativamente esiguo, eppure piacevole da ascoltare e da tenere come compagno del proprio viaggio a Sandrock.
Trofeisticamente parlando: il trofeo vien costruendo
I cacciatori che già abbiano nel loro storico un Platino di un gioco simulativo non si lasceranno demordere dal percorso da compiere per quello di My Time at Sandrock. Oltre al citato massimo obiettivo, la lista consta di 14 trofei di bronzo, 11 d'argento e 5 d'oro, che nella quasi totalità richiedono di costruire un numero specifico di oggetti, strumenti, o ancora di migliorare gli stessi, o di fare i rubacuori sposando qualunque personaggio della città.
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