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AEW: Fight Forever – Recensione

È dal 2019 che Yuke's e AEW agitano i cuori di noi appassionati di wrestling: gli sviluppatori che hanno dato vita ad alcuni dei migliori titoli dedicati alla disciplina erano pronti a tornare, supportando però una nuova federazione. Ci si aspettava un degno rivale al monopolio della serie WWE insomma, che pure aveva commesso qualche passo falso proprio a causa dell'abbandono di Yuke's. AEW: Fight Forever, ve lo anticipiamo, non è un competitor ma qualcosa di completamente diverso. Dietro lo sviluppo di questo titolo c'era la volontà ben precisa di allontanarsi dal realismo, in favore di meccaniche più arcade, amatissime dai fan più nostalgici. Operazione riuscita? Suona la campana, inizia il match!



Com'è AEW: Fight Forever?



L'incontro è partito da pochi secondi, Adam Page e Chris Jericho si studiano, dopo le provocazioni. Passato, presente e futuro del wrestling sono nello stesso ring, a darsi battaglia per la prima assegnazione del massimo titolo AEW. Un traguardo che fa gola e per cui tutti farebbero carte false. Noi però ci siamo arrivati con il sudore, vincendo al debutto la mitica Casino Battle Royale di Double or Nothing (resa più simile a una Royal Rumble all'interno del gioco, a dire il vero). Ma torniamo al presente. La battaglia infiamma, siamo in vantaggio ma mai abbassare la guardia con un vecchio lupo di mare come Jericho. E infatti, nel momento peggiore arriva dal nulla una devastante Judas Effect. L'arbitro conta, la storia è già stata scritta… o no: 1, 2 e colpo di reni! Sì, perché qui siamo in AEW: Fight Forever e il destino lo decidiamo noi. Adam Page si rialza, mette a segno i colpi giusti e Buckshot Lariat: siamo i nuovi campioni.



In modalità Road to Elite, infatti, rivivremo il percorso iniziale della federazione, dal nostro punto di vista: come sarebbe proseguito il regno di Adam Page? E se la Casino Battle Royale l'avesse vinta Luchasaurus? Tutte domande a cui potremo finalmente rispondere. Cominceremo infatti dalla già citata Casino Battle Royale, passando per All Out, Full Gear, Revolution e tornando infine a Double or Nothing. Un percorso relativamente breve, ma comunque pieno di dettagli, what if e sorprese. Dovremo tenere sott'occhio tre parametri: fatica, umore e denaro. Prima di ogni match settimanale avremo infatti a disposizione diverse azioni: allenarci aumenterà la nostra fatica, aumentando il rischio infortuni, ad esempio. Dovremo quindi mangiare e non dimenticare di svagarci per tenere alto l'umore. Nel corso di queste attività incontreremo altri wrestler, dando vita a simpatici siparietti o provocazioni in vista di match futuri. Prendete tutto ciò e moltiplicatelo per i 47 atleti che compongono il roster, aggiungendo poi le 5 leggende sbloccabili.



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Ho voglia di fare a botte



Insomma, modalità Carriera promossa, ma gameplay? Il vero fulcro del gioco, in fin dei conti, è riuscito a convincerci? Sì e no. L'obiettivo era quello di creare un arcade, senza compromessi, e su questo ci siamo. È facile prendere confidenza con le meccaniche di gioco e padroneggiarle, considerata anche la semplicità dei comandi. Qualche scelta è però infelice, come quella della corsa: premendo l'apposito tasto, si va in un'unica direzione. Si prosegue con le mosse base e un sistema di reversal non sempre efficace (anche a causa di indicazioni a schermo per aiutare il timing), poche prese e diverse mosse speciali legate a stipulazioni o armi contundenti. Spazio poi a Signature e Finisher, per chiudere definitivamente i match. Potremo infine sfuggire a schienamenti e sottomissioni semplicemendo premendo tutti i tasti a caso, come forsennati, per la gioia dei nostri gamepad.



La poca varietà darà ben presto vita a incontri un po' troppo simili, soprattutto utilizzando sempre lo stesso atleta. Ci sono diverse chicche da scoprire disseminate qua e là nel gioco, ma sono comunque contenuti secondari che non influiscono poi così tanto su un gameplay non sempre perfetto. A proposito di match e modalità di gioco: fino a 4 wrestler possono calcare il ring contemporaneamente in match singoli (anche intergender) o di coppia, Casino Battle Royale, Ladder Match e Exploding Barbed Wire Death Match. Una selezione discreta, ma non eccezionale in ampiezza. Gli stessi incontri sono replicabili in modalità online: in questo caso l'infrastruttura si è dimostrata piuttosto stabile, pur non essendo molto popolata. Immancabili le modalità di creazione di personaggi, ring ed entrate. Anche in questo caso, gli editor si dimostrano sufficienti con opzioni limitate al minimo indispensabile. Purtroppo assente la possibilità di condividere in rete le nostre creazioni.



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La grafica di AEW: Fight Forever



Il gameplay è quindi tutto sommato apprezzabile, a patto di scendere a qualche compromesso. Una formula forse troppo semplificata, in alcuni frangenti, che però è in grado di regalare intrattenimento ai fan della disciplina. Ciò che convince meno, invece, è il comparto tecnico. Non proprio all'ultimo grido, sia per modelli che per animazioni. Una produzione poco rifinita, decisamente non al passo rispetto alla potenza di PlayStation 5. Manca, inoltre, la lingua italiana.



Il comparto sonoro è discreto, ma non memorabile. Peccato per l'assenza della telecronaca, con la leggendaria voce di Jim Ross presente solo in alcuni spezzoni della modalità Carriera. Modalità che, tra l'altro, ci mostrerà diversi spezzoni tratti da veri match e avvenimenti storici per la federazione. Questa sì, una scelta davvero azzeccata. Tanto quanto i minigame: hanno sorpreso tutti e noi possiamo confermare, sono tanto divertenti quanto inaspettati. Dai quiz alla corsa in una sorta di campo minato, dal lancio di esplosivi sul ring al baseball, e tante altre stramberie.




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27 luglio 2023 alle 17:10

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