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Tin Hearts – Recensione

Gli sviluppatori di Rogue Sun non sono dei novizi nel mondo del gaming. Alcuni di loro hanno partecipato in passato alla creazione di Fable, uno dei più amati titoli di sempre, e il loro tocco si vede tutto. Abbiamo provato Tin Hearts per la nostra recensione, diventando dei Deus ex machina con il potere di manipolare il tempo, le forme e molto altro. Abbiamo affrontato un puzzle dopo l'altro, mentre entravamo in punta di piedi in una famiglia adorabile.



Il gameplay di Tin Hearts



I ragazzi di Rogue Sun hanno creato un titolo basato sulla risoluzione di livelli di crescente difficoltà. Lo scopo è quello di accompagnare i nostri soldatini di stagno (tin, in inglese) verso una porticina a muro, disposta su uno dei lati della stanza. Raggiungerla non sarà sempre facile però. Infatti i piccoli automi si muoveranno in autonomia solo in linea retta e dovremo disporre sulla loro strada alcuni ostacoli tattici per poter direzionare la loro traiettoria. Nei primi livelli del gioco acquisiremo i vari poteri necessari allo svolgimento del gioco, come quello del manipolare gli oggetti, di prenderli a distanza, di controllare il tempo e molto altro.



I livelli sono di difficoltà sempre maggiore, con più ostacoli e con necessità anche di ingegnarsi, dando sempre una grande soddisfazione finale. Non sarà sempre una strada in discesa, anzi, spesso avremo modo di trovarci ad affrontare dei nemici che andranno banalmente evitati, cercando nella stanza dei pezzi adatti.



Nondimeno, alcuni pezzi saranno semplicemente insufficienti per completare il livello. Verrà quindi richiesto di riorganizzare il nostro ragionamento più volte, in modo da non trovarsi con i soldatini cadere preda di un Jack-in-the-box o di una meno spettacolare, ma altrettanto letale, caduta da un tavolo.



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La Storia di Tin Hearts, narrata una stanza alla volta



Il racconto che accompagna il gioco è legato ad Albert Butterworth, un creatore di giocattoli che ha fatto della sua intera casa, in epoca vittoriana, un grande rompicapo diviso in oltre cinquanta stanze. Ognuna di queste rappresenta un livello e potremo accedere alla successiva solo dopo il successo nel puzzle corrente.



A seconda del momento del gioco, avremo modo di vedere, sotto forma di fantasmi, attimi di quotidianità. Ad esempio, potremo vedere Albert alle prese con la macchina per far creare i palloncini in automatico al passaggio dei soldatini. I primi tentativi saranno fallimentari, ma quelli successivi andranno a buon fine. Potremo osservare anche la figlia di Albert parlare con lui o, con estrema delicatezza, assistere all'espressione dei suoi sentimenti d'amore. Piccole pillole di quotidianità da genitori.



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Stile e direzione artistica



Nonostante un impatto grafico che non fa urlare al miracolo, Tin Hearts si difende benissimo da un punto di vista estetico. Le animazioni sono ben realizzate, i soldatini anche e in generale il gioco dà una sensazione di autenticità piacevole. I momenti in cui è possibile vedere Albert con la figlia Rose sono molto toccanti e fanno trasparire tutto l'amore che si può provare per una adorabile bambina.



La fluidità e gli espedienti per manipolare il tempo sono realizzati con grande cura. Questi permettono, sempre in ottica di animazione, di vedere il percorso che i soldatini percorrerebbero secondo un tale posizionamento degli ostacoli citati in apertura.



Il sonoro poi è un eccellente accompagnamento ai momenti riflessivi alla ricerca di pezzi giusti o in cui si ragiona per trovare il bandolo della matassa, magari bloccati da un ostacolo apparentemente insormontabile o da una sequenza di rimbalzi che deve essere accuratamente calibrata.



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Non è tutto stagno quel che luccica



Nonostante una cura generale di alto livello, il gioco presenta alcune problematiche evitabili. La gestione della telecamera risulta macchinosa e fastidiosa. Questo è evidente nei momenti in cui un pezzo di legno viene preso per creare una deviazione e ci ritroviamo decisamente troppo in basso, quasi a livello terreno.



Ciò può succedere anche se un momento prima eravamo a una altezza corretta che, invece, viene ignorata e portata a un livello così basso da rendere impossibile alcun movimento senza dover per forza riposizionare la telecamera. Può andare bene per una volta, ma se per ogni livello vanno spostate diverse volte gli oggetti allora diventa molto fastidioso.



Altro appunto sui i movimenti del personaggio che generalmente sembrano strani, robotici e abbastanza lenti. Alcune volte è possibile passare attraverso alcuni oggetti, mentre altre no. Questo comporta che, nel caso di livelli complessi in cui dover fare molti aggiustamenti, il gameplay sia macchinoso e si percepisca una perdita di tempi dai vari spostamenti. Probabilmente una migliore capacità di interfacciarsi col mondo di gioco avrebbe giovato.



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Il Platino di Tin Hearts – livello dopo livello verso il 100%



La lista trofei di Tin Hearts comprende 30 coppe, divise in 16 di bronzo, sette d'argento, sei d'oro e un prezioso Platino. Per la conquista di quaest'ultimo servirà terminare il gioco, non utilizzare quasi nessun indizio o suggerimento (così anche da godersi al massimo i rompicapi) oltre a una serie di azioni di gioco spiegate dai singoli trofei. Non si tratta di un Platino particolarmente impegnativo, ma sarà un gioco decisamente godibile che permetterà di divertirsi in maniera spensierata.




L'articolo Tin Hearts – Recensione proviene da PlayStationBit 5.0.

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9 giugno 2023 alle 17:00

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