Questo terzo e ultimo capitolo alza l’asticella della saga, riprendendo il racconto direttamente dalla fine del film precedente e racconta la sorte di Brock e Venom nel MCU regolare. Nella loro realtà i due sono ricercati dall’esercito per i problemi scatenati in precedenza, e come se non bastasse sulle loro tracce si mette addirittura Knull, ossia la divinità responsabile della nascita dei simbionti stessi, attualmente confinata in una sorta di esilio che solo una fantomatica chiave in possesso del nostro simbionte può riscattare. C’è una scena di Venom: The Last Dance che riassume efficacemente il percorso della trilogia di Venom. Il simbionte e la sua controparte umana hanno appena fatto scempio di alcuni banditi latini e cercano di pronunciare in sincronia una battuta ad effetto. Tuttavia, le loro voci si sovrappongono perfettamente solamente dopo un numero eccessivo di tentativi e i due si ripromettono di lavorarci sopra. Non c’è da credere molto ad un titolo che annuncia l’ultimo ballo di un personaggio di successo. Eppure, c’è sempre il rischio o la speranza che il pubblico possa impedirgli di continuare a perfezionare la loro sintonia con un altro film. La scena post-credit del film precedente aveva catapultato Eddie Brock e il suo amico alieno su Terra-616, facendo ipotizzare un prossimo incontro con Spider-Man. L’inizio di Venom: The Last Dance ha almeno il merito di abbandonare rapidamente quell’idea del multiverso da cui tutti cercano di stare lontani. Purtroppo, il cambio della regia non ha colmato il vuoto di definizione che affligge il personaggio. Kelly Marcel non ha saputo nemmeno valorizzare questa lacuna come una conseguenza della sua natura. Il simbionte potrebbe essere la volontà di potenza del suo ospite? Il peccato originale risiede nella necessità di dare un tono più accettabile all’adattamento cinematografico. Nei fumetti, Venom non è un’entità bipolare e non fa mai fatica a parlare in prima persona plurale. Qui, Eddie Brock non è una carogna arrivista e il simbionte non è una creatura parassitaria che si nutre del suo rancore e del suo vittimismo. Qui, i due non si trovano attraverso l’odio comune verso Peter Parker e verso Spider-Man. Come si può costruire l’epopea di un antieroe nell’assenza del sentimento dominante che lo ha reso tale? Venom: The Last Dance non elimina nemmeno questa volta la sensazione che manchi sempre qualcuno. Venom: The Last Dance è abbastanza divertente e abbastanza avvincente. Il franchise si era giocato male la carta di Carnage e ha deciso di introdurre quella di Knull. Il creatore di tutti i simbionti resta imprigionato nel fuori campo di una prigione sperduta nell’Universo e Venom se la deve vedere con le sue creature che lo braccano sulla Terra. Nel frattempo, il copione decide di distruggere Area 51 come se volesse fare un sacrificio rituale della fantascienza datata. Tuttavia, anche il suo viaggio è troppo caricaturale per dare un contributo determinante alla trama. Invece, il conflitto di competenze tra scienza ed esercito è un grande classico ripetuto a memoria. Il canovaccio spinge Venom a combattere in aria, in acqua, fino al gran finale in cui arrivano anche altri suoi simili ad aiutarlo. Non c’è una trilogia che non si chiuda con un sacrificio ma anche in questo caso la risposta emotiva è debole. Forse, sarà perché in tutto questo tempo nessuno si è realmente affezionato al simbionte e al suo ospite umano? O forse, sarà che tutti si sono rassegnati al fatto che questa non è davvero la fine?