Quando si parla di Elden Ring, non ci si riferisce semplicemente a un videogioco. Si parla di una visione, di un’esperienza sensoriale e filosofica che travalica il concetto classico di action RPG. FromSoftware, guidata dal visionario Hidetaka Miyazaki e affiancata dalla penna evocativa di George R.R. Martin, ha creato un’opera che ridefinisce i confini del mondo aperto, lasciando al giocatore non solo la libertà di esplorare, ma soprattutto quella di perdersi, morire e rinascere.
Un mondo aperto che non guida, ma ispira
Il primo contatto con l’Interregno (The Lands Between) è straniante. Non c’è mappa completa, nessuna minimappa, nessun segnalino lampeggiante che ti dice dove andare. Ti svegli in un mondo vasto, devastato e glorioso, pieno di misteri, rovine e pericoli. E poi... ti viene detto solo una cosa: vai.
E qui risiede la prima, potente magia di Elden Ring: il silenzio del gioco diventa il tuo spazio di immaginazione. Sei tu a decidere cosa cercare, chi affrontare, da dove cominciare. Ogni collina può nascondere un dungeon, ogni foresta può celare una storia, ogni angolo buio può diventare il tuo prossimo incubo — o il tuo prossimo trionfo.
La struttura del mondo aperto non è solo ampia, è coesa e verticale, piena di segreti interconnessi. Dal castello di Stormveil ai sotterranei di Leyndell, ogni luogo ha un senso, una geografia logica, una storia silenziosa che aspetta solo di essere letta attraverso l’ambiente e i nemici.
Una narrazione ambientale, frammentata e poetica
Chi cerca una trama classica in Elden Ring resterà disorientato. Non ci sono lunghe cutscene né spiegoni. La narrazione si costruisce con i sussurri delle descrizioni degli oggetti, i dialoghi criptici degli NPC, gli indizi ambientali. È una narrazione da decifrare, che premia l’osservazione e l’intuizione.
Il contributo di George R.R. Martin si percepisce nella maestosa mitologia di fondo: un mondo segnato da Dei decaduti, semi-divinità in guerra, cicli infranti e poteri corrotti. Ma tutto ciò è solo lo sfondo: il protagonista, il "Senzaluce", è un avatar vuoto su cui il giocatore può proiettare la propria lotta personale contro l’ignoto.
Un sistema di combattimento raffinato e brutale
La firma di FromSoftware è più che presente. Il combat system riprende l’eccellenza di Dark Souls, arricchendola di nuove possibilità: attacchi in salto, invocazioni, build magiche e fisiche più flessibili, combattimenti a cavallo, e un sistema di personalizzazione che permette di sperimentare senza limiti rigidi.
La difficoltà è elevata, sì, ma non gratuita. Ogni nemico ha il suo linguaggio, ogni boss è un duello d’anime e tempismo, ogni sconfitta è un insegnamento. Eppure, mai come in questo gioco, FromSoftware dà strumenti per affrontare le sfide in modi diversi: puoi esplorare, salire di livello, evocare spiriti, cambiare approccio. Non c’è una sola via, ma molte. E ognuna è degna.
Un comparto artistico mozzafiato
Su PlayStation 5, Elden Ring brilla. Non per la potenza grafica pura (che, anzi, mostra qualche limite tecnico qua e là), ma per la direzione artistica senza precedenti. Ogni area ha un’identità visiva e sonora precisa: dalle tinte ocra delle Pianure di Altus, ai paesaggi lunari di Nokron, alle visioni infernali del Fiume Ainsel.
La colonna sonora è epica ma malinconica, sempre in equilibrio tra sacralità e oscurità. Il lavoro su luci, architetture, ambienti e creature è semplicemente maestoso. Ogni scorcio è una pittura. Ogni boss, una creatura uscita da un sogno antico e disturbante.
Un’esperienza personale, irripetibile, quasi spirituale
Il segreto del successo di Elden Ring non è solo nella qualità tecnica o nel gameplay. È nel senso di scoperta profonda, intima, personale che regala. È nel modo in cui ti senti piccolo ma determinato, perduto ma spinto da una forza interiore, spaventato ma affascinato.
È un gioco che non ti prende per mano, ma ti cambia. Ti insegna la pazienza, la perseveranza, il valore della sconfitta. Ogni passo in avanti è sudato, ma per questo ancora più gratificante. E quando, dopo ore di sforzi, abbatti un boss che sembrava impossibile, non hai solo vinto: hai dimostrato qualcosa a te stesso.
Conclusione
Elden Ring è il culmine di un percorso creativo che dura da oltre un decennio. È un gioco che non ti chiede solo di giocare, ma di esplorare, ascoltare, fallire, imparare e affrontare te stesso. Su PlayStation 5, offre un’esperienza fluida, immersiva, totale.
Non è per tutti. Non vuole esserlo. Ma per chi ha il coraggio di abbracciare il suo mondo e accettare le sue regole, è qualcosa di raro: un capolavoro che non si limita a intrattenere, ma ti segna. Ti parla. Ti resta dentro.
Elden Ring non si gioca. Si vive.
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